Il «precedente Formigoni» varrà anche per Ottaviano Del Turco, e per tutti coloro cui è stata indebitamente sottratta la pensione in nome del feticcio del populismo giustizialista.
L'ex dirigente Cgil, segretario Psi e governatore dell'Abruzzo, gravemente malato e vittima di un processo a dir poco kafkiano, al termine del quale è stato condannato per una imputazione residuale e ambigua perché tutte le accuse e le «prove» iniziali erano rovinosamente cadute, dovrebbe riottenere ciò che gli spetta e che gli era stato negato contra legem.
Lo ha stabilito ieri (nonostante il can can dei Cinque Stelle) il Consiglio di presidenza del Senato, prendendo atto della decisione di mercoledì della Commissione contenziosa interna di Palazzo Madama. E la nota surreale più esilarante della vicenda è che Formigoni, Del Turco e altri riavranno la pensione grazie ad una sentenza della Cassazione (che equipara vitalizi e pensioni) e soprattutto a una legge grillina, anzi al fiore all'occhiello della produzione legislativa pentastellata: quella sul reddito di cittadinanza, che prevede la sospensione del trattamento pensionistico solo per chi sia condannato a pena detentiva per reati come terrorismo e associazione mafiosa.
Cala così il sipario su uno dei più incivili capitoli della vita parlamentare di questi anni, iniziato nel 2015 quando gli allora presidenti delle Camere Grasso e Boldrini proposero, in omaggio al più becero giustizialismo e tra gli applausi di tutti i partiti tranne Forza Italia, di togliere il cosiddetto «vitalizio» (che però è ormai a tutti gli effetti diventato un trattamento pensionistico a calcolo interamente contributivo) agli ex parlamentari che avessero subito una condanna. Una decisione abnorme e «anticostituzionale», come spiega l'avvocato Maurizio Paniz, ex deputato di Fi e autore di molti dei ricorsi presentati contro la delibera: «Neppure agli ergastolani viene tolta la pensione, che è un diritto conquistato attraverso l'attività lavorativa» e il versamento dei contributi. E si apre la strada ad una montagna di ricorsi di ex parlamentari. «La delibera Grasso-Boldrini è morta, sono davvero lontanissimi i tempi dei forconi sul tema dei vitalizi, che peraltro sono stati aboliti nel 2012. Semplicemente non esistono più», ricorda Francesco Giro di Fi, membro del Consiglio di presidenza del Senato.
Ai Cinque Stelle, finiti con tutte le scarpe in un pasticcio da loro stessi creato, non resta che tentare di sollevare polverone e agitare cappi: «È una cosa gravissima, ci opporremo in tutte le sedi, dove vogliamo arrivare?», strilla in aula il senatore Perilli. «Chiederemo al Senato di opporsi e di sospendere gli effetti della decisione», ulula Laura Bottici. «Vergogna», geme Vito Crimi. Nessuno di loro ammette però di essere inciampato nelle proprie scarpe.
E sui Cinque Stelle si abbatte il sarcasmo di un altro ex parlamentare colpito dalle sanzioni ora smontate, l'ex vicesegretario Psi Giulio Di Donato: «Nonostante da tempo riabilitato sto subendo come altri un linciaggio inaccettabile da chiassosi sanculotti che, per ignoranza e incapacità, non meriterebbero neppure un decimo del lauto stipendio che ricevono. Braccia rubate alle miniere, con tutto il rispetto per i minatori. E i media farebbero bene a non assecondare. Lo Stato di diritto è l'ultimo baluardo».
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