Ora Sicilia e Trentino rischiano una bella stangata: la riduzione del 20% dei trasferimenti da parte dello Stato nei loro confronti.
Le due regioni, difatti, non hanno rispettato la scadenza del 30 maggio entro cui i parlamenti regionali avrebbero dovuto approvare la legge che prevedeva il famoso taglio dei vitalizi dei consiglieri. Alla fine quasi tutte le regioni si sono allineate a quanto deciso dal Parlamento votando il taglio delle "pensioni". Solo per Per Sardegna, Piemonte, Basilicata e Abruzzo era stata accettata la deroga per via di elezioni che avrebbero visto il rinnovo dell'assemblea e della giunta mentre sono finite sotto la lette di ingrandimento del ministro per gli Affari regionali Erika Stefani Sicilia e Trentino Alto Adige.
L'amministrazione guidata dal Musumeci, dove i vitalizi costano alle casse regionali 18 milioni di euro l'anno, ha insediare solo pochi giorni prima della scadenza del 30 maggio una commissione che dovrebbe approvare un provvedimento autonomo ma che, al momento, ha svolto solo audizioni.
Invece in Trentino la giustificazione del ritardo è stata attribuita al ritardo per l'attesa della sentenza della Corte costituzionale che, a metà maggio, ha sancito la legittimità della riduzione dei vitalizi decisa dall'ente regionale nel 2014.Le due regioni che mancano all'appello, entrambe a statuto speciale, ora rischiano di vedere arrivare nei propri bilanci meno soldi provenienti dallo Stato centrale che andranno a discapito dei cittadini.
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