Viviana, il pm chiede l'archiviazione "Ha strangolato Gioele e si è uccisa"

Il bimbo ammazzato dalla madre per "proteggerlo dal mondo"

Ragusa. Forse lo ha ucciso perché pensava di proteggerlo dal mondo. A un anno dalla morte di Viviana Parisi e del figlio Gioele Mondello, di 4 anni, la procura di Patti chiede l'archiviazione. Lo scenario della tragedia ricostruito non si discosta da quello prospettato durante le indagini: Viviana ha ucciso Gioele e poi si è suicidata. Il procuratore capo, Angelo Cavallo, ha lasciato solo un margine, forse unica consolazione per la famiglia, ovvero che il piccolo possa essere morto per cause accidentali, come una caduta o un arresto cardiaco durante il vagare per le campagne di Pizzo Turda (Messina) dove era stato condotto dalla madre il 3 agosto 2020 dopo un incidente in galleria sulla A20 Palermo-Messina. Stando a questo scenario, Viviana «in preda a un'insopportabile angoscia, si è tolta la vita». Resta però più plausibile l'omicidio-suicidio, supportato da relazioni tecniche e dalla perizia del prof. Massimo Picozzi, che attesta che Viviana soffriva di «una patologia importante di valenza psicotica».

Per la procura: Viviana «ha commesso un figlicidio di tipo psicotico o altruistico». Gioele sarebbe morto per «strangolamento o soffocamento» nello stesso arco temporale di lei, «tra le 12 e le 20 ore del 3 agosto». Ciò avalla l'omicidio-suicidio. Inoltre, «tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico-legali, genetiche, veterinarie, etc.) hanno permesso di accertare come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell'alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario» e che Gioele non sia stato ucciso da animali (è stato divorato post mortem), né aggredito da qualcuno né avvelenato.

La domanda chiave resta una: perché, dopo l'incidente, Viviana non ha chiesto aiuto e si è inoltrata in un bosco? Secondo Cavallo «perché riteneva di dover scappare da inesistenti aggressori o temeva che il marito potesse toglierle la potestà genitoriale». Agli atti dell'inchiesta figurano i messaggi con cui il marito Daniele le ricordava di assumere le medicine usando talvolta toni duri. Figura anche il ricorso di Viviana a marzo al pronto soccorso di Barcellona Pozzo di Gotto, dove «il medico intervenuto ha ricordato di aver visto Viviana sdraiata per terra, che ripeteva la frase: «Abbiamo consegnato i nostri figli al demonio!». E a fine giugno, al Policlinico di Messina, perché aveva ingerito farmaci «con chiaro intento autolesivo». Ma i familiari non hanno mai accettato l'omicidio-suicidio e hanno ipotizzato che Viviana e Gioele siano stati uccisi. «Avanzeremo richiesta di accesso al fascicolo per esaminare le consulenze. Poi decideremo se fare opposizione» dice l'avvocato Pietro Venuti.

Per Cavallo non c'è storia. «È possibile affermare, con assoluta certezza come non sia configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi».

E incalza: «L'intera vicenda è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento e alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti». La famiglia, a cui sono stati restituiti i resti, potrà finalmente celebrare i funerali.

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