La voce della City cavalca le paure

La voce della City cavalca le paure

«L'alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza, Federica Mogherini, sta lavorando da tempo e segretamente a un progetto titolato Global Strategy on Foreign and Security Policy, sostenuto dalla Germania e altri Paesi dell'Ue, che prevede lo sviluppo di nuove strutture militari e operative: primo passo verso la creazione di un esercito della Ue». Chi riporta queste scottanti rivelazioni nel maggio 2016? È il Financial Times, tornato alla carica contro il «No» al nostro referendum. In primavera eravamo, invece, a poche settimane da Brexit e il quotidiano della City pubblicava le sue scottanti rilevazioni rivelatesi, però, una mezza topica.

Il giornale finanziario britannico dava, in effetti, molto risalto alla notizia: se i sudditi della regina Elisabetta avessero deciso di abbandonare Bruxelles, la risposta comune degli ex partner sarebbe stata immediata perché, tra le contromisure adottate, era prevista la creazione di una forza militare europea. Il Financial Times non aveva dubbi e rincarava la dose: «Nelle ultime settimane, tra Hannover, Roma e Bruxelles, ci sono stati diversi incontri segreti ad alto livello per discutere di una risposta comune all'eventuale Brexit». Il grande scoop era una bolla di sapone: il Regno Unito ha davvero voltato le spalle al vecchio continente, eppure l'ipotesi di un esercito franco-tedesco-italiano pare essersi dissolta nel nulla. Intendiamoci, l' ipotesi prospettata dalla Mogherini non era forse del tutto campata in aria.

Tanti fantasmi, insomma, sbandierati al vento. Il Financial ha fatto il bis in autunno, una settimana prima delle elezioni Usa, con un endorsement a favore di Hillary Clinton. Anche in questo caso sappiamo tutti come è andata a finire.

Non contento dei precedenti, il Financial Times rischia ora di sbagliare per la terza volta con il referendum costituzionale di domani. Il giornale è, infatti, intervenuto subito dopo l'Economist pronto a scrivere che non ci sarebbe stata alcuna ripercussione economica negativa in caso di una vittoria in Italia del «No» finendo, così, per provocare le ire dei renziani offesi dall'ingerenza negli affari italiani (ingerenze, a dire il vero, ben accette se a favore del governo in carica). Il Financial, che già aveva paventato il rischio di un'uscita del Belpaese dall'area-euro e dall'Europa tout court con una vittoria del «No», adesso aggiunge che, se non dovesse passare il referendum, otto banche italiane, rischiano il default definitivo. Nell'edizione di ieri l'ultimo assalto: un governo tecnico al posto di quello di Renzi, (non legittimamente eletto, aggiungiamo noi) avrebbe conseguenze nefaste per l'economia anche a lungo termine.

Di questo passo, cosa salterà fuori nelle ultime, febbrili, ore prima del voto? C'è il fondato sospetto, dall'apocalisse dell'Europa alle banche in procinto di affondare, che sia in corso una specie di complotto

della City contro i nemici del putto fiorentino, una vera e propria strumentalizzazione a favore del «Sì» a colpi di allarmi rossi. Lunedì cominceremo finalmente a sapere se, più che rossi, anche stavolta saranno solo falsi.

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