Prosciugati gli entusiasmi per un voto che avrebbe dovuto dare indicazioni definitive, quindi un governo più solido, la Spagna torna enigma: equilibri politici frammentati ed esiti indecifrabili rischiano di riscrivere tanto i giochi tattici in corso nell'Ue quanto le finora immaginate ipotesi di alleanze nazionali. E se il leader del Pp - il centrodestra spagnolo - non si arrende, rigettando lo scenario di «balcanizzazione del Paese», da Bruxelles arrivano inviti a fare i conti con la realtà. Può così la Spagna guidare l'Europa?
Dal 1° luglio, detiene la presidenza di turno del Consiglio dell'Ue e avrebbe la responsabilità di orientare l'agenda europea in questi sei mesi. Ma come può dare indicazioni politiche limpide un Paese che non ha chiaro neppure quali programmi preferisce in patria? Certo, l'ascesa di Vox spaventava di più gli euroburocrati. Meglio dunque un debole e ammaccato Sánchez? O un governo con i post-franchisti? Bruxelles propende per l'europeismo garantito dai socialisti. Ma vari funzionari sollevano il problema dell'indecisione spagnola, e pure alcuni europarlamentari, perché rallenta pure il processo di maturazione degli scenari europei.
Si era già registrata un'avanzata tedesca, seppure parziale, con il leader della Cdu Friedrich Merz che aveva annunciato aperture all'Afd, ventilando la possibilità di una collaborazione, per ora a livello comunale, con l'estrema destra. Ora? Il puzzle madrileno confonde le acque. Addio al duopolio socialisti-popolari? O piuttosto una sua riformulazione? Il crollo di Vox certo dà respiro a Ursula Von der Leyen. Madrid è un sentiero obbligato per capire come muoversi, ma visto lo stallo tocca aspettare Polonia e Olanda (al voto a novembre) per altri segnali; sempre che Madrid non decida di tornare alle urne a dicembre.
Se tutta Europa ha guardato al voto spagnolo con attenzione chirurgica - con la commissione Ue incollata alle manovre in corso - c'è più d'una ragione. A Bruxelles l'instabilità viene vista come un antico male, di cui l'Italia è stata a lungo un paziente in degenza capace però di attingere a soluzioni di compromesso. La Spagna è in grado di dar corpo a giochi di palazzo? E come? Sterzata a destra o addio al socialismo al governo? Avrà il mandato Feijòo? La prassi direbbe sì, il pressing internazionale suggerirebbe il contrario. Sánchez, da secondo classificato, dice che il «blocco retrogrado» ha fallito. È andato meglio del 2019 il suo Psoe e sogna di restare al governo con la sinistra dando spiragli alla coalizione Ursula. Ma l'Europa vuole una soluzione. Gli sherpa giudicano un altra campagna elettorale controproducente per le urgenze Ue, dalla crisi climatica alla guerra in Ucraina. Ma la Spagna è più di un termometro politico. Era l'ultimo baluardo della sinistra al governo. E su queste basi Sánchez ha lanciato un guanto di sfida alle destre. Vivere o morire. Il voto utile chiesto dal Pp, che non ha avuto la forza di creare una coalizione con Vox sul modello italiano, è stato un colpo da ko per l'estrema destra. Vox ha perso metà dei consensi, rosicchiati proprio dal Pp.
Meloni non abbandona i patriotas. Dice che continuerà a lavorare con loro. E se il risultato indebolisce la pattuglia conservatrice in Europa, togliendo fiato e pista allo sprint per la sterzata a destra in Commissione, certamente rafforza il ruolo della premier italiana.
Restano un rebus gli equilibri politici; perfino l'identità del centrista Macron, che in tv ieri ha fatto appello al «realismo» sull'immigrazione prefigurando scivolamenti a destra, mentre la sua Renew Europe non fa segreto dello sdegno per l'operazione ouverture ai conservatori del n° 1 del Ppe Weber, per archiviare il patto che governa l'Ue da decenni.
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