Vuoi vedere che il Jobs Act lo pagheremo con le tasse

Riforma e lavoro tra propaganda e realtà: rischiamo nuove tasse

Vuoi vedere che il Jobs Act lo pagheremo con le tasse

Il Jobs Act che il Pd ha votato compatto è come un uovo di serpente, all'apparenza simile a quello delle galline o dei piccioni, ma da cui può uscire un animale velenoso, vale a dire un aumento delle spese e delle contribuzioni fiscali. Lo si vede chiaramente dal comma 7 che impone di promuovere il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto ad altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti. L'onere che può derivare a imprese e lavoratori da questo contratto e che lo Stato si darà carico di togliere, consiste nel costo delle nuove indennità di licenziamento che vanno pagate a chi viene licenziato per motivi economici (l'articolo 18 sul reintegro nel posto di lavoro rimarrà in vigore per i licenziamenti disciplinari).

Lo Stato incentiverà questo nuovo contratto a «tutele crescenti» mediante un aumento, a carico del bilancio pubblico, dell'Aspi, l'indennità di disoccupazione attualmente vigente. Ciò consentirà alle imprese di non subire nuovi costi per i licenziamenti di cui al contratto in questione oltre a quello delle indennità di fine rapporto. L'Aspi verrà aumentata nell'entità mensile, nella durata e nelle condizioni per conseguirla. Il Jobs Act infatti stabilisce al comma 2 (lettera b) che questa indennità sarà «universalizzata» e che, comunque, accanto a essa ci sarà un'altra indennità, che prescinde dall'ammontare dei contributi versati. Essa durerà sinché il lavoratore non avrà trovato una nuova occupazione.

Si tratterà, in sostanza, di un reddito «minimo» garantito a spese dello Stato, cioè del contribuente, che spetterà a tutti quelli che hanno perso un posto di lavoro, che si iscrivano nella lista dei disoccupati. Questo reddito minimo garantito lo riceverà chiunque sia stato occupato anche in un lavoro di breve durata, anche derivante da un contratto a termine o di collaborazione coordinata continuativa (co.co.co.) o di altra specie. Renzi sostiene il reddito minimo garantito a tutti coloro che non hanno un lavoro o altri redditi nei programmi che ha presentato, sin da quando si candidò alle primarie del Pd. Ciò contribuì a renderlo popolare e farlo arrivare al governo e ora a varare il Jobs Act con il consenso del suo partito.

Il costo per l'erario del nuovo «salario di disoccupazione» potrà essere considerevole e crescente nel tempo, data la facilità con cui potrà essere ottenuto e l'incentivo che genererà a tenerselo e a lavorare nell'economia sommersa o a rimanere a casa anziché cercare un posto regolare. Basterà che un ente assuma, con un contratto temporaneo, una persona per darle diritto a una indennità Aspi o a quella surrogatoria di cui al Jobs Act. È vero che il Jobs Act stabilisce che il disoccupato che fruisce dei sussidi sociali che «non si renda disponibile» a un nuovo posto di lavoro che gli venga offerto sia sottoposto a sanzioni. Ma si può sostenere che ci sono circostanze che impediscono al lavoratore di dare la sua disponibilità, che comportano che il suo mancato assenso non sia punibile. Inoltre la regola sulla sanzione è generica, non si specifica la sua natura ed entità. E potrebbe consistere in una piccola multa, non nella perdita di quella indennità sociale.

Il nuovo sistema di reddito minimo garantito, nella proposta originaria di Renzi doveva essere finanziato in buona parte con i soldi risparmiati eliminando la cassa integrazione straordinaria. Ma questa, nel testo del Jobs Act rimane intatta, salvo piccoli ridimensionamenti. E la sua spesa si aggiunge a quella per il reddito minimo garantito. Ciò ha facilitato l'approvazione del testo da parte dell'ala sindacale del Pd, ma genera un aggravio per il contribuente. Ciò anche perché i modesti risparmi di spesa ricavabili con le nuove norme sulla cassa integrazione, secondo il Jobs Act, verranno destinati a ridurre i contributi per la cassa integrazione gravanti sulle buste paga. Ma qualcuno deve pur finanziare queste nuove spese.

Perciò il comma 12 stabilisce che i maggiori oneri derivati dai decreti attuativi del Jobs Act saranno coperti con apposti decreti legge o con la legge di stabilità. Nel bidone vuoto del Jobs Act si potrà mettere nuova spazzatura tributaria a carico del contribuente.

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