Yacht, lussi e piaceri: la bella vita americana dei rampolli castristi

Il popolo vive in miseria ma gli eredi di Fidel fanno i nababbi. E se ne vantano sui social

Yacht, lussi e piaceri: la bella vita americana dei rampolli castristi

San Paolo - Chi se ne frega se a Cuba il pueblo revolucionario sopravvive con la miseria di 270 pesos di pensione - l'equivalente di 10 euro e con salari da 540 pesos con cui sarebbe impossibile tirare avanti se non ci fossero i dollari mandati dai parenti di Miami. «Noi, i figli dei leader del PCC (il Partito Comunista Cubano) ci diamo alla bella vita, gozzovigliamo nel funesto impero yankee, giriamo il mondo in yacht, beviamo whisky e non ci vergogniamo nemmeno un po' di ostentare i nostri lussi da sceicchi sui social network, perché tanto siamo intoccabili». È questo, in sintesi, il messaggio che trasmettono sui social network (mostrando senza pudore immagini che confermano la ricchezza delle loro famiglie) i rampolli del regime castrista che è riuscito a rendere tutti i cubani uguali grazie ad una «decrescita felice» che i 5 Stelle se la sognano. Tutti miserabili a Cuba meno loro naturalmente e, non bastasse, molti fanno i gradassi sui social dagli Stati Uniti, l'odiato Impero secondo la narrativa ipocrita del Socialismo del XXI secolo, l'ultima balla trasformista del castrismo. Il caso più recente che ha fatto infuriare i cubani dell'Avana che, invece, il capitalismo a loro negato lo sognano è quello di Alex Acosta Aldaya, figlio di Homero Acosta Álvarez, nientepopodimeno che il segretario del Consiglio di Stato. Il trentenne vive a sbafo a Valley Stream, nella contea di Nassau, stato di New York, il cuore dell'odiato Impero yankee, e sul suo Instagram si immortala fiero mentre assiste ad un match di football americano in quel di Pittsburgh. Sul suo viso, bianco e brufoloso, ha anche gli adesivi degli Steelers, la squadra di casa, neanche fosse un elettore qualsiasi di Trump. Peccato solo che, quando torna a Cuba, passi il suo tempo in hotel a 5 stelle a Varadero, zona off limits per quel 95% dei cubani che, invece, sono costretti a godersi full time la dittatura con annesso comunismo su cui vigila il babbo di Alex.

Poi c'è Alejandro Machín Rojas, figlio dell'ambasciatore cubano in Spagna, Gustavo Ricardo Machín Gómez, che è stato smascherato in un programma trasmesso sul canale América TeVé di Miami, da Luis Domínguez, autore del blog «Cuba al descubierto», che ha raccontato come quest'altro rampollo di castristi doc sia andato a vivere e studiare a Boston, nel Massachusetts, altro simbolo dell'odiato (a parole) Impero. E smascherato da Domínguez anche Raúl Rodríguez Castro, alias «Il Granchio», uno dei nipoti nonché bodyguard di Raúl Castro, che controlla una delle agenzie che inviano dagli Stati Uniti i pacchi a Cuba, pieni di cibo, vestiti ed elettrodomestici. Figlio del presidente del potente consorzio aziendale/militare Gaesa e di Déborah Castro Espín, «Il Granchio» fa i miliardi usando come prestanomi moglie e suocera.

Il caso che ha però causato più sdegno è quello di Tony Castro, nipote di Fidel. All'inizio del 2019, giorni prima che l'isola comunista celebrasse il 60° anniversario della Rivoluzione, sono venute alla luce foto del giovane su yacht e nei luoghi più esclusivi del mondo. A differenza dei suoi connazionali, Tony non si priva di nulla e conduce una vita avvolta da piaceri e senza limiti, come dimostra il suo Instagram. Si gusta i vini e cibi migliori durante la celebrazione del compleanno di uno dei suoi zii, posa sdraiato su uno yacht di fronte all'orizzonte. Il nipote di Fidel, il leader che ha imposto la dittatura comunista lasciando l'isola nella miseria più nera, in altre immagini di Instagram si gode un viaggio al volante di una Bmw, mentre i suoi connazionali sono costretti invece a spostarsi molto sovente a cavallo, come 100 anni fa.

Poi pubblica foto di un viaggio a Madrid, poco prima della fine dell'anno, si fa immortalare mentre si gode il paesaggio seduto di fronte a un antico tempio Maya, in Messico, fa shopping pazzo nei negozi di lusso vicino alla Puerta del Sol, nella capitale spagnola, come un capitalista qualsiasi. I cubani di Cuba? Chi se ne frega.

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