Il sospetto è quello di una frode ai danni del Parlamento europeo per le indennità percepita dai quattro assistenti assunti in Italia, che avrebbero peraltro falsificato la documentazione che certificava le loro attività. Per questo l'ufficio milanese della procura europea l'Eppo ha reso noto ieri di aver indagato l'europarlamentare della Lega Stefania Zambelli che si proclama estranea a ogni illecito - e i suoi collaboratori, oltre ad aver sequestrato agli indagati beni per 170mila euro.
Tra le persone coinvolte nell'indagine anche il compagno della figlia di Zambelli, l'ultrà milanista Marco Pacini, e gli altri tre assistenti Elena Maria Seranfir, Stefano Masi e Paola Nedrotti. A effettuare il sequestro gli uomini delle fiamme gialle di Brescia su incarico dei magistrati delegati milanesi dell'Antifrode europea. Secondo il cui teorema, i quattro collaboratori assunti dall'esponente bresciana del Carroccio (eletta nel 2019) non avrebbero svolto, o lo avrebbero fatto solo parzialmente, le attività relative alle funzioni per cui erano stati assunti, falsificando la documentazione inviata al Parlamento europeo sul lavoro effettuato. Il sospetto della procura è che i quattro collaboratori abbiano mentito anche quanto ai propri titoli di studio, e avrebbero dichiarato competenze scolastiche e professionali non in loro possesso. Il tutto avrebbe permesso di frodare il Parlamento di 172.148,82 euro, somma percepita dall'eurodeputata per pagare il lavoro che i quattro, come detto, secondo la procura europea non avrebbero svolto.
Il sequestro risale a giovedì scorso, e tra i beni su cui la gdf ha messo le mani vi sono conti bancari e auto di lusso: un'automobile è stata sequestrata anche a Pacini. Quest'ultimo, tra gli assistenti che per Eppo non avrebbero realmente svolto le loro funzioni pur facendo incassare l'indennità a Zambelli, secondo la procura europea e le stesse fiamme gialle bresciane, appunto, risulterebbe avere un impiego stabile a Milano, che dunque non gli permetterebbe di svolgere le mansioni di assistente parlamentare dell'eurodeputata e madre della propria compagna. Zambelli, però, non ci sta. «Né io né i miei collaboratori abbiamo commesso alcun illecito. Il nostro operato è sempre stato improntato alla massima lealtà e trasparenza nei confronti delle Istituzioni e della collettività», spiega l'europarlamentare su Facebook, puntando il dito su una sua ex assistente parlamentare «che con la sua denuncia ha dato origine a questo procedimento» e che, insiste l'esponente leghista, «è la stessa persona che mi aveva già denunciato al Parlamento Europeo nel 2019, con le stesse argomentazioni.
In quella circostanza, per i medesimi fatti, questa assistente è stata all'esito del giudizio licenziata per giusta causa, secondo le indicazioni ricevute dagli stessi funzionari del Parlamento Europeo, mentre nei miei confronti non è stato emesso alcun provvedimento».
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