Zingaretti, Gori non cede. E il Pd accusa i renziani. A sinistra scatta la rissa

Il sindaco di Bergamo insiste: "Leadership in discussione". E sulla Puglia è ancora scontro

Zingaretti, Gori non cede. E il Pd accusa i renziani. A sinistra scatta la rissa

«Ho simpatia e stima personale nei confronti di Zingaretti, e nessun pregiudizio. Non voglio affatto personalizzare la questione. Osservo però la difficoltà del Pd a essere una forza davvero riformista». La bomba sul segretario Nicola Zingaretti arriva da Bergamo. Il sindaco Giorgio Gori la sgancia con un'intervista a Repubblica. «Io sono per l'unità - continua - ma la concordia non può essere né un feticcio né un fine ultimo. E non può sequestrare il dibattito interno. Nessuno auspica un voto adesso, ma non possiamo accontentarci. Non credo d'essere il solo a pensare che serve un cambio di marcia e che si debba spingere sul lavoro. È un punto di vista molto diffuso tra i militanti e gli elettori del Nord».

Congresso, subito, dunque. «Zingaretti lo sa tanto che per primo, a dicembre, ha annunciato un grande congresso di rifondazione. Bene, facciamolo». Irritazione, silenzi e mal pancia nel direttivo dei democrat. Esplodono nel tardo pomeriggio col tweet pungente dal vice segretario dem Andrea Orlando: «È scritto nei manuali. Se dopo una pandemia (forse non ancora conclusa) nel pieno di una crisi economica e dopo due scissioni un partito riesce quasi a raggiungere la principale forza avversaria la cosa migliore da fare è una discussione su un congresso che non c'è. #astuzia». Si innesca l'amaro botta e risposta. Gori insiste: «L'ultimo sondaggio Swg dà il Pd al 19%, 4 punti sotto le Europee, al livello del disastroso risultato del marzo 2018, il peggiore di sempre. Nel frattempo la destra si è rimescolata (ma è sempre vicina al 50%). I 5Stelle si sono dimezzati. Ma il Pd non ha guadagnato nulla. Vedi tu...». La frattura è aperta. Rispondono anche Marcucci («non è il momento di parlare di leadership»), Bettini («chi attacca Zingaretti è ingenuo»), e Rossi. Benzina sul fuoco arriva anche da Italia viva. Irrita la discesa in campo nella corsa per la Regione Puglia di Ivan Scalfarotto, contro Michele Emiliano: «Italia viva apre la porta al rischio della vittoria dei populisti in Puglia», accusa il Pd, attraverso il vicecapogruppo alla Camera Michele Bordo.

Ettore Rosato risponde che «quella di Scalfarotto non è una candidatura contro qualcuno, è una candidatura alternativa ai populismi, sia quello di Emiliano, sia quello di M5s sia quello della destra. D'altra parte Emiliano da anni si dichiara lontano dal nostro percorso riformista». Della stessa opinione Carlo Calenda: «La Puglia merita la possibilità di scegliere un riformista». Il leader di Azione litiga con la dem Alessia Morani, che lo aveva criticato per essere stato eletto con il Pd e aver lasciato il partito. Lui: «Alessia, esiste un limite alla decenza. Io ho rispettato quanto promesso agli elettori da tutto il Pd: mai con i 5S; se cade il governo solo il voto. Le stesse promesse che facevi tu quando inneggiavi al senza di me e facevi il megafono di Renzi. Vai a lavorare va». Lei: «Per rispettare gli elettori del Pd bisognerebbe stare nel partito ma tu sei sempre in salita e discesa dal taxi della politica». Fibrillazioni. Ed è solo l'inizio.

D'altronde, ricorda il renziano Rosato, «anche in Veneto e Liguria non sosterremo il Pd».

Zingaretti incassa la fiducia di Giuseppe Conte («Zingaretti ha le idee chiare») e in serata, forse consigliato di dare almeno segnale di vita, esterna su Facebook: «Il Pd è la forza principale per la rinascita italiana».

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