Dopo la poliziotta tenta il suicidio anche la sua vicina

L’agente si è sparata sabato allo stadio. L’altra sera ha cercato di farla finita una donna che abita nella stessa casa

da Treviso

La miccia comune della depressione poteva essere accesa in qualsiasi momento. La poliziotta, Luciana Callegher, 42 anni, l’ha accesa mentre era in servizio allo stadio Tenni di Treviso, sabato pomeriggio, venti minuti dopo il fischio d’inizio della partita, premendo il grilletto della Beretta d’ordinanza rivolta contro se stessa; la sua vicina di casa, D. B. 43 anni, con un passato legato alla tossicodipendenza e con qualche problema con la giustizia, forse colpita dalla notizia, dai rimorsi per le continue litigate con quella donna che aveva s’era sparata ha aspettato 24 ore e poi ha aperto i rubinetti del gas. Ora sono tutte e due ricoverate all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, anche se è l’agente di polizia l’unica in serio pericolo di vita. La vicina, invece, deve la sua vita a chi ha sentito l’odore del gas e ha allertato in tempo i vigili del fuoco. Si salverà.
Su che cosa sia successo nella mente delle due donne e su quale sia dunque la causa dei tentativi di suicidio, regna il mistero. Anche se, ascoltando la testimonianza della sorella della poliziotta, gli inquirenti si sono fatti un’idea. E tenderebbero a escludere che ad armare la mano dell’agente siano stati i litigi con la vicina di casa, e quindi mettono in dubbio i collegamenti tra i due casi di tentato suicidio. Gli abitanti del condominio, però, sostengono che la sua vicina di casa abbia tentato di farla finita proprio perché sconvolta dal tragico gesto di Luciana di cui forse si sarebbe sentita in parte responsabile.
La sorella dell’agente ha rivelato che, nelle ore precedenti lo sparo, aveva ricevuto due telefonate. In entrambe aveva avuto la sensazione che la poliziotta fosse in stato confusionale. Nella prima chiamata, fatta verso mezzogiorno di sabato, la poliziotta aveva confidato tutta la sua preoccupazione per aver smarrito un telefono cellulare e un mazzo di chiavi. Di qui a tentare il suicidio, però, ce ne corre. Verso le 16, poco prima dello sparo, l’altra telefonata, nel corso della quale Luciana rivelava alla sorella il suo rammarico per non essere riuscita a portare a termine un compito ritenuto molto semplice. È stata questa seconda chiamata a farle pensare che la sorella non fosse lucida. Un momento di fragilità dovuto a una somma di circostanze negative, ma nessuna delle quali particolarmente pesante.
Una collega dell’agente ha avuto il tempo di intuire cosa stesse accadendo ma non ha fatto in tempo a evitare il dramma. Ora la poliziotta è ancora in coma. «Ci vorrà qualche giorno per capire quante possibilità avrà di salvarsi», dicono i medici.

Per ora appare confortante il fatto che il proiettile abbia seguito un percorso quasi verticale, che non ha interessato l’apparato visivo, attraversando marginalmente i lobi frontali.
In un’altra stanza dell’ospedale c’è la vicina, ancora sotto choc, ma pronta a tornare a casa.

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