Riccardo Zanotti, con i suoi Pinguini Tattici Nucleari ha venduto un milione di biglietti in un solo anno.
«E a ogni data ci rendiamo conto che ci sono anche spettatori più vecchi di noi, è veramente strano».
Il prestigioso Pollstar ha inserito il vostro tour al decimo posto tra i tour globali più significativi. Al primo c'è quello di Beyoncé, al sesto quello di Ed Sheeran.
«Siamo coscienti dei risultati, è tutto bello, ma se poi non raggiungi più questi obiettivi? Insomma, non viviamo con questa scure sulla testa».
Il vostro disco è stato ai primi posti in classifica praticamente per due anni.
«Come dicono i discografici esperti, meglio essere numeri 7 per tutta la vita che numeri 1 per una sola settimana».
Queste tre risposte riassumono lo spirito dei Pinguini Tattici Nucleari, probabilmente il fenomeno musicalpopolare più incisivo degli ultimi tempi. Sono in sei, arrivano da Bergamo e dintorni, non sono sex symbol, non vivono sulle storie di Instagram e sono fuori dall'hype, come recita il titolo di una loro canzone, ossia sono estranei allo scintillio tossico e barocco della trap e alla schiavitù dei follower o dei clic. Lo hanno confermato anche l'altra sera in un Forum di Assago totalmente esaurito da un pubblico mai così trasversale. I bambini, i ragazzini, i quasi boomer, tutti a cantare a memoria ogni singola canzone come non si sentiva probabilmente dai tempi degli 883. Insomma un concerto atipico nell'era dello show tipicamente esagerato. Qui i suoni sono «veri» e il rituale è quello che molti considerano demodè, ossia un pubblico che partecipa senza nascondersi troppo dietro il display del cellulare e vive il concerto come una festa condivisa sul serio, non solitaria come di solito. E basta vedere come si muove il cantante Riccardo Zanotti sul palco, non è spettacolare ma è convincente e cammina sulle ovazioni. Un risultato mica male per chi si è fatto da solo, concertino dopo concertino fino a esaltarsi nei concertoni, e che nello show sconta forse una eccessiva omogeneità dei suoni e dello stile. Ma è l'unico limite dei Pinguini, che sono riusciti a occupare l'unico spazio vuoto nella musica popolare di oggi: quello delle canzoni da cantare a squarciagola con una bella dose di buoni sentimenti, cioè quella cosa di cui si parla sempre meno e, paradossalmente, sempre con più imbarazzo.
Momento d'oro vero?
«Sì ma si parla troppo di numeri e troppo poco di arte. Dopo i casi tipo quello di Sangiovanni, che ha voluto prendersi una pausa, si capisce che corriamo il rischio di lasciarci schiacciare dalle statistiche e dai dati contabili».
La gavetta aiuta a proteggersi.
«Sì, si impara a capire e a calibrarsi meglio. Ad esempio, noi all'inizio parlavamo troppo prima delle canzoni, quasi per richiamare l'attenzione e ingraziarci il pubblico. Ora non siamo come Bob Dylan, che non parla tra un brano e l'altro, ma abbiamo trovato un equilibrio».
Non è facile mantenerlo facendo trentatrè concerti tutti di fila.
«Trentatre come gli anni di Cristo». (sorrisi - ndr)
In ogni caso una fila lunghissima.
«Beh siamo nell'epoca in cui si fanno 3 o 4 concerti e si dice di aver fatto un tour. Noi stiamo in giro due mesi. Per fortuna le nostre compagne non si sono ancora stancate e noi, quando possiamo, torneremo a casa tra un concerto e l'altro».
Siamo al Forum, qual è il più bello che ha visto qui?
«Quello di Roger Waters».
Lui fa politica e anche voi, durante il concerto, citate il poeta palestinese Mahmoud Darwish.
«La politica parla spesso di musica, perché la musica non può parlare di politica? In realtà noi non prendiamo le parti contro qualcuno, ma prendiamo la parte di qualcuno. Non siamo divisivi, in fondo facciamo musica leggera e ci limitiamo a parlare delle atrocità che stanno accadendo».
In scaletta ci sono brani come l'iniziale Scrivile scemo che sembrano un karaoke del pubblico tanto i cori sono potenti.
«All'inizio il nostro pubblico era fatto praticamente di coetanei. Ora vediamo che ci sono molte fasce d'età ed è veramente strano vedere sotto il palco spettatori più giovani di noi o anche più vecchi».
Avete appena annunciato nove concerti del 2025 negli stadi. Prima uscirà un disco?
«Beh di sicuro ci sarà un nuovo progetto, non so più neanche se chiamarlo disco... Comunque qualcosa di nuovo uscirà».
Il titolo sarà quello del tour? «Hello world».
«Beh dentro Hello world c'è tutto. C'è il ciao, ossia l'apertura, e c'è il mondo, cioè la platea».
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