Il Prc silura Veltroni: con lui niente alleanze

Fra gli autori del maligno pamphlet anche un artefice dell’operazione Campidoglio

da Roma

È più di un avviso di garanzia, quasi una leale minaccia. Con Walter ego, un composto ma feroce pamphlet che esce sabato insieme a Liberazione, Rifondazione annuncia a Walter Veltroni che l’idillio è finito: se la sua linea sarà quella che ha tenuto in questi mesi, l’Unione salterà. Nel teatrone della politica della seconda repubblica tutto accade in televisione, che Franco Giordano e Piero Sansonetti scelgano di tornare a Gutenberg è già incoraggiante.
E poi, ovviamente, Walter ego ha la capacità magnetica di attrazione di tutti i pamphlet cattivi, una lettura intrigante, piena di retroscena: per editarlo Rifondazione si affida a un deputato - Massimiliano Smeriglio - e a una pattuglia di militanti e intellettuali illustri (addirittura un sacerdote!), da Alberto Abruzzese a Franco Ferrarotti, all’ex direttore de Il manifesto Sandro Medici a don Roberto Sardelli (solo per fare dei nomi). Con questa cronaca su gli anni del principato romano (questo il sottotitolo) gli uomini di Rifondazione spiegano che Veltroni vive «una mutazione genetica», non è più l’uomo della «grande alleanza solidale arcobaleno», ma un sindaco che si fa collettore di poteri forti, buonista ma persecutore di emarginati, un politico mutante che cambia il suo Dna in corsa. Possibile? Come sempre, in politica, le storie umane e analisi politiche si intrecciano indissolubilmente. E l’ironia della sorte vuole che Smeriglio sia lo stesso uomo che sette anni fa costruì con Veltroni l’operazione-Campidoglio (cioè la base della sua fortuna odierna). Oggi il deputato spiega: «È cambiato lui, non noi. Allora l’Ulivo di Rutelli si suicidava pensando di escluderci e Veltroni si salvava accordandosi con noi. Oggi Veltroni copia Rutelli... Con esito equivalente, direi». Ma fra le storie personali che portano a questo libro, c’è anche quella di una antica, onesta e altrettanto forte rivalità, quella fra Veltroni e il direttore Sansonetti (inizia all’università nel 1973, e cresce per due decenni, fino allo scontro finale a l’Unità. Così il saggio che apre il libro è la biografia di Veltroni (ri)scritta con appassionata e brillante causticità dallo stesso Sansonetti: un capolavoro di arte detrattiva (lo trovate qui sotto) chiuso da questa memorabile immagine: «Facemmo una lotta vera contro Veltroni, a viso aperto, per la prima volta nella storia de l’Unità: perdemmo, fummo travolti». E lui, il vincitore? «Eravamo parecchio depressi, Walter mi chiese di restare a lavorare con lui, di fare il condirettore, cioè mi promosse. Accettai, dal giorno dopo - ricorda Sansonetti rievocando quel 1993 - capii che non contavo più niente». Medici (è stato presidente di circoscrizione) aggiunge con toni dolenti: «Si sta sbiadendo l’arcobaleno romano». E osserva: «Il contrasto politico in corso con Veltroni è questo: intorno alla possibilità di spingere avanti le politiche sociali, ma anche ambientali e culturali, o al contrario di intensificare l’impronta liberista». Abruzzese è drastico: «Veltroni non capisce il futuro, è l’uomo del presente». Detto a un leader che ha fatto de L’uomo dei sogni una bandiera è l’accusa più dura. Roma, per il sociologo vive «un brulichìo che rosica il centro e una edificazione che monumentalizza alla maniera moderna la periferia». E la politica culturale veltroniana, è solo una somma di «apparati attrattivi» (molto peggio di quello che si definiva spregiativamente effimero) «laddove si compie il gioco di sponda con la stampa quotidiana e periodica del divismo intellettuale; laddove si mostrano le connivenze con i leader della politica e delle imprese, insomma, con la gente che conta e appare, ma che - conclude Abruzzese - si da anche appuntamento per fare affari, lobby».
E la sicurezza? Angelo Zola spiega che «il patto firmato da Veltroni è politicamente e culturalmente sbagliato». È icastica la chiusa di Smeriglio: «Qui muore il laboratorio Roma».

E inventa per il leader del Pd la categoria del «populismo mediatico». Certo, le grande invettive, spesso sono anche involontarie esaltazioni. Ma se dopo Cofferati Rifondazione abbandona anche Veltroni, «la nuova stagione» veltroniana del centrosinistra muore nella culla.

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