Il premier: «Finanziaria senza lacrime e sangue»

da Roma

Festeggia il suo sessantasettesimo compleanno Romano Prodi, alle prese con torta e brindisi nel castello di Bebbio, pochi passi da Reggio Emilia. Circondato dalla famiglia, taglia con un sorriso l’enorme dolce alle fragole su cui troneggia un’immagine di Palazzo Chigi e assicura: «Non impostiamo la Finanziaria come un discorso di lacrime, sangue e sacrifici». Però, aggiunge, l’Italia «va riformata». Con un corollario: sulla necessità che la legge elettorale vada cambiata «penso saremo d’accordo tutti». Poi fa la sintesi: «Il quadro del lungo periodo non cambia minimamente». Volendo interpretare il pensiero del premier, insomma, quella del 2007 resterà una Finanziaria da 35 miliardi.
Del ragionamento del Professore, però, la sinistra radicale raccoglie con sospetto entusiasmo solo il preambolo. «È confortante, abbia finalmente fatto chiarezza», spiega il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena. Mentre Gennaro Migliore, suo omologo alla Camera, sottolinea che «la Finanziaria non può essere solo il rigore di Maastricht». Pure Manuela Palermi, capogruppo del Pdci-Verdi al Senato, non va oltre la premessa e pare non curarsi del fatto che il premier - nonostante i dati positivi su entrate tributarie e produzione industriale - è deciso a seguire la via del rigore. «Insieme a Prodi - spiega - diciamo che la manovra non dovrà essere di lacrime e sangue ma di equità sociale». Così pure il presidente dei deputati del Pdci Pino Sgobio («non si parli più di tagli») e l’eurodeputato Marco Rizzo («ricordo a Prodi e Visco che serve discontinuità»). Sulla stessa linea anche il sottosegretario all’Economia Paolo Cento. «Prodi - dice l’esponente verde - conferma che ci possono essere innovazioni sul terreno dei diritti sociali». «Le maggiori entrate - chiede il ministro Rosy Bindi - vanno destinate a famiglie e imprese». Mentre da Cgil, Cisl e Cisal arriva un altolà ai tagli su pensioni e sanità.
Dall’opposizione ribatte Sandro Bondi. «Le parole di Prodi - spiega il coordinatore di Forza Italia - non vanno prese sul serio». Mentre per il suo vice Fabrizio Cicchitto se «la Finanziaria sarà da 35 miliardi come dicono, o si aumentano le tasse o si tagliano sanità e pensioni». Sarcastico Renato Schifani, che paragona il premier a Mohammed Saeed, il generale di Saddam soprannominato Alì il comico perché si ostinava a negare la sconfitta. «Prodi - dice il capogruppo azzurro al Senato - è costretto a dire bugie per tirare il fiato». L’eurodeputato di Forza Italia Renato Brunetta, invece, invita il governo a «riscrivere il Dpef» alla luce dei nuovi dati. Sulla «conversione di Prodi sulla via dell’ottimismo» fa ironia Osvaldo Napoli. «Che fine ha fatto - chiede l’azzurro - il buco spaventoso lasciato dalla Cdl e ricordato come un memento mori dal capo flagellante Padoa-Schioppa?». Chiosa Isabella Bertolini: «Prodi nega l’evidenza, ma non gli crede più nessuno. Tantomeno la sua maggioranza». Sulla stessa linea pure An. Nell’Unione, spiega il portavoce Andrea Ronchi, «non c’è un accordo strategico sulla manovra». Gli «esorcismi del premier», gli fa eco Mario Landolfi, «non lo metteranno a riparo dalla guerriglia» della sinistra radicale. E mentre Gianni Alemanno si chiede come si faccia «a dire che una Finanziaria da 35 miliardi non è lacrime e sangue», Francesco Storace e Maurizio Gasparri annunciano per l’autunno «una grande manifestazione della Cdl» contro le politiche economiche dell’Unione.

E dall’Udc arrivano le critiche del senatore Francesco Pionati: «È bastato che Prodi dicesse una ovvietà - e cioè che l’aumento del gettito non inciderà sulla manovra - per provocare la reazione dell’ala “Robin Hood” della sua maggioranza».

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