«Prevale l’idea di una famiglia arcaica Ma lei non è sempre la più debole»

Ritrovarsi poveri, nel giro di pochi giorni. Non avere più i mezzi per pagare l'affitto e per comprare da mangiare. È quello che, in Italia, succede sempre più spesso ai padri separati. Il loro menage, già devastato dalla fine del matrimonio, subisce il colpo di grazia quando il giudice stabilisce l'ammontare dell'assegno di mantenimento per i figli. Perché da quel momento in poi, al nuovo affitto, alle spese ordinarie, e spesso al mutuo necessario per pagare il tetto coniugale si aggiunge una nuova spesa. E nella maggior parte dei casi questi papà sono costretti a spendere molto più della metà di quanto guadagnano.
«In molti casi queste persone restano con appena cento euro in tasca, troppo pochi perfino per sopravvivere», denuncia Tiziana Franchi, presidente dell'Associazione padri separati. E la situazione si fa drammatica quando uno dei questi uomini perde il lavoro. Perché se la legge è estremamente elastica quando si tratta di aumentare l'importo del mantenimento, è decisamente più complicato dimostrare che le proprie condizioni economiche sono peggiorate. Così scatta la denuncia, da parte delle madri, e quasi sempre l’intervento del giudice: si moltiplicano i papà condannati per non aver onorato il debito. «Le norme in vigore prevedono che un padre che perda il lavoro deve dimostrare la sua nuova situazione in tribunale, il che significa pagare un avvocato e sostenere altre spese legali - continua il presidente -. E chi non ce la fa rischia la prigione. Il meccanismo è complesso: un padre che non abbia più i mezzi per mantenere i figli deve fare istanza al giudice affinché modifichi il precedente provvedimento e quindi l'importo da pagare. Non esiste alcun automatismo, chi non ce la fa deve dimostrarlo in udienza». E non si tratta soltanto di persone con redditi bassi. «Fino a qualche anno fa problemi di questo tipo erano avvertiti solo dai poveri - conclude il presidente -. Adesso con la crisi la soglia si è alzata. A non farcela spesso sono persone molto qualificate, come artigiani, medici e agenti delle forze dell'ordine. Solo per fare qualche esempio». A fronte di tanta desolazione ci sono anche migliaia di furbetti, che nascondono il proprio reddito pur di non pagare gli alimenti. O corrispondono meno di quanto dovrebbero. E non sono solo gli uomini a eludere i propri doveri. In alcuni casi anche le donne che guadagnando di più, e per questo motivo devono mantenere i figli, fanno di tutto per non onorare il proprio impegno. Il problema è antico, ma la crisi economica lo ha trasformato in emergenza. In Italia sono circa due milioni le coppie separate o divorziate. Almeno 800mila padri si trovano in condizioni di difficoltà o, addirittura, di povertà. Soltanto a Roma sono circa 90mila gli uomini impoveriti a causa del mantenimento della famiglia. A Milano sono più di 50mila. «Se una persona guadagna 1.200 euro al mese, ne deve versare circa 300 per ogni figlio - prosegue Tiziana Franchi -. Se a questo si aggiungono le spese per la nuova casa da prendere in affitto e quelle necessarie per onorare il mutuo della precedente abitazione è facile capire che è impossibile sopravvivere». Tutto cambia, naturalmente, quando il papà separato è ricco. In questi casi la gente fa di tutto per nascondersi ed evitare di pagare. Paradossalmente sono gli operai con redditi bassissimi a corrispondere fino all'ultimo centesimo. Di qui l'estrema severità dei tribunali nei confronti degli uomini. Che si è acuita con una nuova sentenza della Cassazione.

I giudici hanno stabilito, infatti, che nel caso in cui un professionista si trasferisca da un piccolo centro in una grande città l'assegno di mantenimento debba aumentare, in ragione degli «sviluppi prevedibili», in fatto di maggiore guadagno, che potrebbero derivare dal trasferimento.

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