Primo benvenuto a Obama: scontri e fumogeni Il questore: ora le denunce contro i violenti

Alta tensione, guerriglia tra no global e polizia al corteo contro la base Usa a Vicenza. Anche gli estremisti del No Dal Molin alla fiaccolata di protesta all’Aquila. Appena prima della partenza la Digos trova zaini con bulloni e maschere antigas. La Questura: denunce contro i violenti. Il video

Primo benvenuto a Obama: scontri e fumogeni 
Il questore: ora le denunce contro i violenti

Vicenza Neanche il tempo di partire, dalla sede del presidio permanente dei No Dal Molin, che già si scatena la guerriglia. Anzi, il tentativo di guerriglia, perché poliziotti e carabinieri sono abili a contenere l’attacco, a respingerlo, anche nell’interesse di chi vuole manifestare in maniera pacifica. Alcuni tipacci che, con premeditazione, volevano scatenare subito l’inferno, si sono messi a capo del corteo, superando le pasionarie da sempre in prima linea contro la realizzazione della base militare Usa a Vicenza. Casco in testa, fazzoletto sul volto, assi di panchine divelte usate come scudi, quanto basta per indurre il questore Giovanni Sarlo a dare il via alle prime cariche, ai primi lanci di lacrimogeni. Per pochi minuti si è temuto il peggio, con la folla che tornava di corsa indietro.
È cominciata male, l’ennesima marcia di protesta contro la realizzazione della base Dal Molin a Vicenza. Anzi, era cominciata anche peggio, visto che la Digos padovana, poco prima dell’inizio, aveva sequestrato, alla festa di Radio Sherwood, zaini pieni di bulloni, maschere antigas e altri oggetti «utili» a sfilare in un corteo. Niente male per una manifestazione considerata una «prova generale» in vista del G8 all’Aquila. Oggi una rappresentanza del No Dal Molin sarà in Abruzzo per sfilare alla manifestazione anti-Obama.
«Spero che Vicenza viva la giornata con intelligenza e civiltà», aveva detto ieri il sindaco, Achille Variati (Pd), da sempre vicino al movimento No Dal Molin, aggiungendo il timore di un interesse extracittadino nei confronti della manifestazione. E bisogna dire che di Vicenza, ai disobbedienti, giunti da ogni dove, interessava poco o punto. «Yankee go home», lo slogan lanciato proprio il 4 luglio nella città che ospita gli americani dal 1956, non è propriamente un invito al dialogo. E alla caserma Ederle, la base Usa presente a Vicenza da oltre 50 anni, considerate le informative che arrivavano dalle forze dell’ordine italiane, hanno ritenuto opportuno sospendere i festeggiamenti dell’Independence Day che, tradizionalmente, venivano condivisi con la comunità locale.
I più scontenti sono stati comunque i tanti negozianti di viale Dal Verme e del circondario, costretti a chiudere i battenti proprio nel primo giorno di saldi. Pensavano di cavarsela con un paio d’ore, e invece il blocco del corteo causato dagli estremisti in prima fila ha tenuto sotto scacco il quartiere fino a sera. Di contro i no global hanno accusato le forze dell’ordine di averli provocati. In che modo? Semplice, erano presenti lungo il tragitto. Le donne del presidio, capeggiate da Cinzia Bottene, hanno rinserrato le fila e, dopo un paio d’ore di ragionamenti, hanno deciso di riprendere in mano la situazione e ripartire alla guida del corteo. Nel frattempo i disobbedienti mascherati se l’erano filata.

«Siamo molto soddisfatti perché c’era molta gente», ha detto alla fine la Bottene, mentre su Vicenza stava per scatenarsi un temporale che ha contribuito a raffreddare i bollenti spiriti dei più esagitati. Per gli organizzatori ci sarebbero state tredicimila persone per le strade di Vicenza, per la questura invece circa metà. Ma gli organizzatori rilanciano: oggi tutti all’Aquila.

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