Il primo calcio del governo lo sferrano Bossi e Maroni Ma è il match Padania-Tibet

Primi calci del nuovo governo. In senso buono, l’opposizione stia pure calma. Tibet-Padania, imprevedibile sfida di football all’Arena Civica di Milano, spalti non gremiti, ma festa verace per il trofeo Libertà dei Popoli, etichetta tronfia per una partita simpatica, amichevole fino a quando l’arbitro, Mazzoleni, uno vero, non ha fischiato l’inizio. Del risultato meglio non dire, se ne riparlerà, eventualmente, nel ritorno a Lhasa, Cina permettendo. Ma la sera di maggio a Milano è servita a Umberto Bossi e Roberto Maroni, ministri delle Riforme e degli Interni, per onorare l’impegno come avevano promesso, come lo stesso Senatùr aveva ribadito in mattinata dopo la visita al Quirinale: «Ci interessa soprattutto essere liberi questa sera per la partita di Milano». E Bossi si è fatto attendere, come i grandi attori, facendo slittare l’inizio della festa di un quarto d’ora. In rigorosa camicia verde, più verde del prato gibboso dell’Arena, è andato a raccogliere gli applausi del pubblico, dei calciatori e il sorriso inquietante di Miss Padania, la vera marcata a uomo prima che la sfida incominciasse. Per il nuovo governo, dice, «l’augurio è di camminare e di andare rapidamente in pressing», del resto: «Tutto può succedere, tutto succede e noi abbiamo i numeri».
Ad accompagnare Bossi anche Roberto Maroni, il Senatùr dice che «sarà una garanzia di sicurezza per i cittadini». Lui, Maroni, è sorridente come se avesse vinto la partita, quella vera che incomincerà oggi: «Quella che giurerà davanti al presidente della Repubblica è una grande squadra, formata da grandi individualità e da una grande coesione. Silvio Berlusconi ha mantenuto gli impegni, noi lo sapevamo». E ancora politica: «Il dialogo con l’opposizione e con le forze politiche che sono opposizione, anche se non in Parlamento, è assolutamente essenziale». Fotografie in dosi industriali, Bossi assediato, Vittorio Sgarbi al suo fianco, preliminari festaioli, mentre uno steward, a bordo campo, preoccupato per la sveglia di domani, ha provato a strillare, in verità era un borbottio: «Barboni! Volete cominciare sì o no? Domani si lavora! Si deve produrre!». Fedeli all’appello le squadre hanno davvero incominciato, dopo il cerimoniale con il Va’ Pensiero e l’inno del Tibet. La voce di Bruno Pizzul, sì, proprio lui, presentatosi in bicicletta, ha annunciato le formazioni, trentasei cognomi, per una notte di gloria, vecchi lupi del calcio italiano come Ganz, Valtolina, Didonè e dall’altra parte un gruppo di volontari alla disfatta, sconosciuti ieri, oggi e domani, comunque felici di esserci, messaggeri di libertà, di indipendenza, come il loro capitano Dawa ha detto, parlando al microfono, chiedendo, non soltanto ai padani, di sostenere la lotta dei tibetani e di portare avanti la richiesta per il rilascio degli arrestati e per il ripristino della libertà.
Tamburi, cori, qualche insulto a Roma e a Pechino, uno striscione che chiedeva libertà per il Tibet, un paio di monaci con saio color amaranto che si sono soprattutto preoccupati di ritirare anelli e monili vari dei loro pupilli, si fa per dire, un esercito di fotografi e cameraman dentro un’Arena che pensavamo più calda, più piena. «La concorrenza della coppa Italia ci ha fregati», ha detto un sognatore in tribuna. Mentre il maligno ha ricordato che la Chinatown di via Paolo Sarpi è dietro l’angolo, dunque la sfida era duplice: di là il mercato, di qua la festa della libertà.
In fondo il calcio può anche essere questo, non soltanto denaro, doping, corruzione, ma l’occasione per mettere insieme ragazzi, uomini che giocano per un ideale oltre che per un’idea. Questa è la Nf-Board, la Nouvelle Fédération Board, un’organizzazione calcistica che racchiude territori e identità quasi statali, non completamente indipendenti, non iscritti alla Fifa, in quanto associazioni non appartenenti a Stati sovrani. Tibet e Padania fanno parte di questo board, fondato nel 2003 e con loro ci sono entità e territori come la Repubblica turca di Cipro Nord, la Cecenia, la Lapponia e addirittura il Principato di Monaco, che è riconosciuto internazionalmente, ma non è affiliato alla Fifa. Anche il Vaticano ha inoltrato una richiesta all’Uefa per l’iscrizione, ma non ha i criteri (calcio femminile fra questi) per essere accettato. Pur avendo santi in paradiso deve attenersi alle regole terrene. È finita con un tot a poco per la Padania.

Non si trattano così i tibetani, nemmeno nel calcio. Ma era una festa, era una partita. Umberto Bossi e Roberto Maroni hanno lasciato l’Arena napoleonica felici di un’altra vittoria. Ma, come ha borbottato lo steward, da oggi si lavora.

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