Prodi degradato e contento: non siamo più soli

Alessio Garofoli

da Roma

Romano Prodi è soddisfatto. Potrebbe perdere il comando della missione Unifil, ma all’idea di restare l’unico a inviare truppe di terra in Libano, preferisce meno stellette. La prima tappa della giornata è la conversazione telefonica tra il premier e George W. Bush. Al centro del colloquio, il dispiegamento della Forza di pace dell'Onu e, più in generale, la situazione nella regione. Il presidente americano - informa la nota di Palazzo Chigi - ha manifestato il suo apprezzamento per la «leadership» espressa dall'Italia in queste settimane che, tra l'altro, ha reso possibile la convocazione della riunione straordinaria dei ministri degli Esteri europei fissata per oggi a Bruxelles.
Il Professore, da parte sua, confermava la disponibilità ad assumere il comando della missione, nel caso le Nazioni Unite lo richiedano (ma poi specificherà, forse per non esporsi troppo, che se la scelta dovesse ricadere su un altro Paese - vedi alla voce Francia - non sarebbe un problema). Bush lo informa del suo gradimento, condiviso da Kofi Annan, per l’ipotesi che sia l’Italia a comandare il contingente. Non proprio una carezza a Chirac che in serata annuncerà l’invio di altri 1600 soldati. Alla fine la conversazione diviene più generale, con entrambi i leader che ribadiscono la loro determinazione a portare avanti il lavoro comune per il buon esito della risoluzione 1701. L’inquilino della Casa Bianca fa sapere al presidente del Consiglio che sta adoperandosi con i Paesi amici perché venga incrementato il contingente internazionale. Si parla anche di Siria e Iran, con Prodi che manifesta a Bush la sua convinzione che sia necessario dialogare con entrambi.
E dopo un inevitabile accenno alla questione palestinese, la cui soluzione rimane centrale per la pacificazione complessiva del Medio Oriente, i due assicurano che si terranno in contatto sugli sviluppi del dossier nucleare di Teheran. In serata il professore vede, in una saletta dell’aeroporto militare di Grosseto, Tzipi Livni. «L'impegno dell'Italia è un modello per gli Stati europei che si riuniranno a Bruxelles» dice il ministro degli Esteri israeliano dopo il breve incontro stampa. Sottolineando di non essere venuta in Italia per chiedere soldati perché lo Stato ebraico può difendersi da solo, la signora Livni torna sull’importanza della risoluzione Onu. «Israele vuole assistere la comunità internazionale per aiutare il governo libanese perché in futuro dipenderà dall’esecutivo di Beirut avere la forza per smantellare le milizie in Libano e per garantire un embargo delle armi», conclude. Mentre Prodi definisce «ancora aperto» il problema del controllo del confine siriano, che Damasco non vuole, e auspica che la forza internazionale si posizioni al più presto in Libano.

Afferma inoltre di ritenere che ci siano «buone speranze» sulla riuscita della riunione dei ministri Ue. In serata il premier si dice «molto soddisfatto per noi che avevamo tanto insistito per una presenza europea» e per chi «aveva paura di un eccessivo peso italiano. Così abbiamo una missione più ampia».

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