PRODI NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Non avendo più l'età per scrivere a Gesù Bambino, Romano Prodi ha scritto una letterina a Repubblica. Con lo stesso candore di un bebé davanti al presepe, ha raccontato la sua mattinata bolognese, di venerdì 2 novembre. Ci voleva: il Paese lo pretendeva. E infatti Repubblica ha pubblicato la letterina in prima pagina. Una fortuna per noi che abbiamo potuto leggere.
La lettura, in effetti, è istruttiva. Il premier ci racconta la sua magica esperienza all'ufficio anagrafe di vicolo Bolognetti, a Bologna. Doveva rinnovare la carta d'identità. E già questa è una buona notizia perché abbiamo la prima certezza: il premier, nonostante le zuffe e le baruffe cui è sottoposto tutti i giorni dai suoi alleati, ha ancora un'identità. O, almeno, la dichiara.
Ma le buone notizie non sono finite qui. Anzi, sono appena cominciate. Prodi, infatti, ci fa immergere in un mondo immaginario in cui funziona tutto a meraviglia. Gli uffici comunali? Non hanno coda. Le impiegate allo sportello? Perfette e sorridenti. Gli aiutanti? Giovani e scattanti. I tempi di attesa? Brevissimi. Le persone in fila? Adorabili. I bambini? Silenziosi. Gli stranieri? Scrupolosi osservatori delle regole. Mancano solo Cappuccetto Rosso che gioca a bilie con il lupo (diventato buono) e la strega che regala baci perugina a Biancaneve, e il mondo delle favole sarebbe completo.
Poi gli italiani si chiedono perché l'uomo non risolve i problemi. Semplice: non li vede. Ma non è incapacità. No: è sfortuna. O meglio: fortuna. A lui, infatti, va sempre tutto bene. Per esempio: se uno di noi va in un ufficio pubblico, come minimo fa un'ora di coda. A Prodi no: a lui danno il numeretto 64, quando si è arrivati già al 58. In un attimo lo chiamano allo sportello. Tutto succede così in fretta, che a lui dispiace perfino un po', perché starebbe volentieri lì a chiacchierare. Del resto, si sa, il premier negli uffici pubblici incontra solo persone perbene, pazienti e ordinate. Nemmeno uno, per dire, che ha l'unghia incarnita o che ha digerito male. Macché. Il massimo della sfortuna è una stampante che s'inceppa una volta. Una volta, capito? Quando ci andiamo noi, negli uffici pubblici, è già tanto se le stampanti esistono.
Ma sì dai, se in quell'ufficio fosse entrato un qualsiasi cittadino, ve la immaginate la scena? Caos allo sportello, impiegati malmostosi, gente maleducata, bambini che urlano o che se la fanno addosso. Con il premier n. 64, invece, è tutto perfetto. Anche con gli immigrati. Quelli che incontra lui, per dire, parlano del «loro modo di vedere Bologna» e chiedono «le regole per essere candidati alle elezioni». Che ci volete fare? Quelli che s'ubriacano, ruttano e rubano li incontriamo solo noi.
Anche i rom, per esempio: a volte uccidono le donne mentre tornano dallo shopping. Ma per Prodi questi esistono solo se glielo dice Veltroni. Altrimenti lui non li vede. Non se ne accorge. Non è mica colpa sua. È che lui incontra solo immigrati che parlano del loro modo di vedere Bologna. Meraviglioso no? Le «mattine multietniche» allo sportello dell'anagrafe così possono scorrere in un clima di «assoluta serenità» (parole sue). Altro che stupri e omicidi. È tutto talmente zuccheroso che l'unico problema reale, a questo punto, è il rischio diabete.
Resta solo da vedere quello che la fortuna di Prodi costa a noi.

Perché, vedete, se la letterina su Repubblica voleva farci sapere che il premier va a farsi i documenti allo sportello come un qualsiasi cittadino, beh, come opera di propaganda è piuttosto patetica. Se voleva invece dimostrarci che Prodi non capisce nulla di quello che succede nel Paese, beh, quello l'avevamo capito già. In fondo, è noto, come numero 64 il premier va benissimo. È come numero uno che è un disastro.

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