«Prodi tace sui fondi sanità È scorretto con le Regioni»

Formigoni: «Non si sa ancora quanti soldi ci daranno e sulla Finanziaria nessuno ci ha consultato»

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, che idea si è fatto della manovra finanziaria che sta preparando il governo?
«Eh, molte idee. Perché finora se ne sono sentite tante. E anche contraddittorie tra loro. A partire dai numeri: prima era di 35 miliardi, poi è diventata di 30... ».
Le Regioni non hanno ricevuto informazioni più precise dal governo?
«Macché. Quello che sappiamo lo leggiamo sui giornali. E questo non va bene, perché si tratta di materie su cui abbiamo competenze concorrenti con lo Stato o addirittura esclusive».
Non siete stati convocati o interpellati?
«No, è stata interrotta una prassi di consultazione. Ci avevano assicurato che la Finanziaria sarebbe stata scritta assieme. Non è successo».
Contrariato?
«Buona norma sarebbe consultarci prima di parlare con la stampa. È un atto scorretto, l’80 per cento delle misure della Finanziaria incide sulle Regioni».
La via della Finanziaria è ancora lunga, c’è tempo per concertare.
«Per la Finanziaria sì, si può rimediare. Invece sul Fondo sanitario, che stabilisce per tre anni le risorse per le Regioni, siamo in grave ritardo. Sia nel 2000 (governo Amato) sia nel 2003 (Berlusconi) lo avevamo concordato prima dell’estate. Ora, invece, non si sa ancora nulla. Se non sappiamo quanti soldi ci danno, come facciamo a programmare?».
Voi quanti ne volete?
«Le Regioni chiedono il 6,6% del Pil, cioè 98 miliardi di euro più 5 di debiti riconosciuti dallo Stato».
E il governo quanti ne vuol dare?
«Finora non ha parlato di nessuna cifra. Chiedo formalmente che si faccia al più presto».
Farete passi formali?
«Mercoledì c’è la riunione di tutte le Regioni. Dobbiamo chiedere un incontro rapido con la Turco sulla sanità e con Prodi o Padoa-Schioppa sul resto della manovra».
Il silenzio sui fondi per la sanità può preludere a un’esigenza del governo di risparmiare?
«I debiti sono debiti. E vanno onorati».
Il ministro Turco ha detto di considerare, sulla sanità, le Regioni più importanti del Consiglio dei ministri.
«Mi fa piacere, la prendo sul serio. E infatti non voglio fare polemica, sollecito collaborazione. Sia chiara una cosa: il fatto di averci ignorati non è solo un problema di scortesia istituzionale. La riforma costituzionale del 2001 votata dal centrosinistra dice che Stato e Regioni sono equiparati. Invece continuano a trattarci come enti subordinati».
C’è un pregiudizio contro le Regioni?
«È ora di smetterla di considerarci enti spendaccioni. Gran parte delle Regioni tiene i conti a posto. E chi non l’ha fatto, sta pagando».
La Turco ha riaperto il dibattito sui ticket. È d’accordo?
«Si può discutere di tutto, ma bisogna farlo in due, perché la competenza è nostra. E poi diffido di misure generalizzate: ogni Regione ha esigenze diverse».
In Lombardia avete introdotto i ticket su farmaci, visite specialistiche e prestazioni non urgenti nel pronto soccorso nel 2002. Esperienza positiva?
«Decisamente sì. Era un momento in cui la spesa sanitaria aumentava vorticosamente. Il ticket razionalizza le spese perché responsabilizza il cittadino».
Risultato?
«Siamo i primi ad aver raggiunto il pareggio di bilancio e lo confermiamo da tre anni. Tutto ciò aumentando le prestazioni, non riducendole. Però c’è una strana reticenza: quando i ministri parlano di Regioni virtuose, non citano mai la Lombardia. Forse perché dovrebbero riconoscerne l’eccellenza».
I ticket sono molto impopolari, in Lombardia sinistra e sindacati si sono mobilitati per contestarli...
«...

e noi abbiamo avuto le spalle sufficientemente forti per difenderli. Spiegando ai cittadini che l’unica alternativa era ridurre la qualità dei servizi. E prevedendo esenzioni molto ampie: paga solo il 25% della popolazione».
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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