Se tutta la politica si interroga sul significato dell'antipolitica che attacca la Casta, l'intera sinistra, riformista e radicale, è preoccupata per il successo di Beppe Grillo. Sa bene che il comico nasce dal suo seno come altri pseudo-dissacratori televisivi, Michele Santoro, Marco Travaglio e Sabina Guzzanti: si tratta di un figlio dei girotondini (Pardi insegna), di un nipote dei giustizialisti (Di Pietro applaude) e di un cugino dei massimalisti (Bertinotti strizza l'occhio).
Il pilastro su cui è assiso il comico è una furbesca combinazione della protesta che nasce dalle viscere della gente, stufa dello strapotere dei politicanti in un Paese sempre più inefficiente, e della stupida illusione che pensa di potere purificare l'Italia rinviando a casa i parlamentari dopo due legislature.
Ma l'elefantiaca politica cresciuta sul cattivo professionismo è, essa stessa, il prodotto della tradizione burocratico-statalista della sinistra. È stato il Pci in Italia a mettere il partito al centro del rapporto tra cittadino e Stato, ed a nobilitare tutto ciò che scaturiva dal primato della politica-partitica sulla società.
L'enormità del tutto-partito contro cui si scaglia Grillo deriva dall'egemonia culturale che la tradizione italo-comunista ha esercitato a lungo nel nostro Paese. Un importante settore della nostra intellighenzia che oggi critica l'anomalia italiana è figlia di quegli intellettuali organici compagni di strada che hanno sempre preferito adeguarsi alla ragione di partito e dell'ideologia piuttosto che rispondere alla propria coscienza individuale come è nella tradizione liberale.
La novità d'oggi è tuttavia un'altra. Per la prima volta, grazie all'uso avveduto di internet e dei blog, il popolo della piazza si ritrova, si collega e si misura per formare qualcosa che non è più una semplice somma di individualità ma non è ancora un insieme politico se non nella generica protesta che può durare lo spazio di un giorno o di un firma in calce a qualche manifesto.
Se le istanze di Grillo, in parte ovvie e decenti e in parte stupide e volgari, non diventano politica, cioè proposte puntuali, movimento organizzato e riforma delle istituzioni, finiranno anch'esse, per quanto in sintonia con gli umori antipolitici circolanti nel Paese, nel nulla come è accaduto per gli antenati girotondini, televisivi e giacobini.
La questione del passaggio dalla protesta internettistica alla proposta politica riguarda però essenzialmente la sinistra. I sondaggi dicono che le simpatie per il comico provengono per lo più da quella parte e così le intenzioni di voto.
Massimo Teodori
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