Psicosi, in città 30mila casi Ma solo 11mila sono in cura

Milano è una città che nelle proprie brutte abitudini raramente si smentisce. E così resta una delle Gomorra d’Europa: è infatti tra le metropoli che detengono il tristissimo primato del maggior numero di consumatori di stupefacenti, con 126mila consumatori di sostanze di vario genere (cannabis in testa) solo nel 2010. Perlopiù si tratta di uomini.
Eppure, secondo lo studio triennale dell’Asl di Milano, la percentuale di coloro che dichiarano di aver consumato almeno una volta droga negli ultimi dodici mesi, cioè i consumatori occasionali, è scesa dal 20.6 per cento del 2007 al 14.9 per cento dello scorso anno. Complice la crisi economica e il potenziamento dei controlli, nonchè quello dei cosiddetti «dissuasori occulti» - la pubblicità e gli spot-campagne in primis - per scoraggiare l’uso di droghe e di alcol. Ma anche il fatto che, finalmente, siamo a un giro di boa: sta passando il messaggio che drogarsi, sballarsi, bruciarsi i neuroni, fa malissimo e non è trendy, ma da «sfigati». E, soprattutto, uccide.
Lo assicura un’autorità in materia di stupefacenti, il dottor Riccardo Gatti. Che, oltre ad essere direttore del Dipartimento delle dipendenze dell’ Azienda sanitaria di Milano è anche direttore scientifico dell’Ored (Osservatorio regionale dipendenze). Gatti e i suoi collaboratori hanno basato lo studio Asl spalmandolo su un arco di 4 mesi (tra settembre e dicembre 2010) con 45 uscite in luoghi di aggregazione quotidiani come centri commerciali, piscine e ristoranti dove hanno distribuito 3.556 questionari rigorosamente anonimi di cui 2739 considerati poi validi.
«Siamo alla fine di un’era, ma non possiamo illuderci che sia finita qui - fa notare Gatti con il solito realismo che lo contraddistingue - . Il mercato delle droghe è vastissimo e pronto e investire per ampliare il numero dei nuovi “clienti“ occasionali. Che viaggiano su internet e sono desiderosi di abusare di quell’infinita gamma di sostanze legali o illegali disponibili sulla rete».
Anche il sottosegretario alla Salute Carlo Giovanardi, che ieri pomeriggio ha partecipato alla presentazione dei dati, ha dichiarato che il governo è pronto a stendere i controlli antidroga a tutte le professioni a rischio. Quindi «ai medici, ai chirurghi e poi man mano anche ai dipendenti dello Stato» e quindi anche «ai dipendenti della Rai in quanto dipendenti pubblici».
«Deve passare il principio che chi si droga, alimentando con il suo comportamento la criminalità organizzata e provocando danni enormi alla società non possa più farlo senza pagarne le conseguenze - ha spiegato Giovanardi -.

Ho già detto più volte che la Rai è finanziata da chi paga il canone e che signori che prendono centinaia di migliaia di euro non devono dimostrare che quei soldi servono per finanziare quel sistema criminale che dalla Colombia alla ’ndrangheta crea danni alla società». In questo senso, ha concluso il sottosegretario alla Salute i test antidroga potrebbe essere estesi «anche ai giornalisti della Rai in quanto dipendenti pubblici».

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