«Al Qaida ha trovato protezione a Gaza»

Pronta la lista dei prigionieri palestinesi da scambiare con il caporale Shalit

A dar retta alle voci il ministro degli Esteri israeliano signora Tzipi Livni ha fretta, molta più fretta del suo capo Ehud Olmert. Mentre il premier annuncia un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen per la prossima settimana, ma limita le discussioni agli «orizzonti politici», lei sogna orizzonti già configurati e definiti.
Dal punto di vista della Livni lo scontro intestino fra Hamas e Fatah è l’occasione da non perdere per trattare la nascita di uno stato palestinese con un governo scevro da tentazioni terroristiche. Così la Livni corre a far la sua parte. Domenica sera, dopo l’annuncio della liberazione di 250 prigionieri di Fatah, apre le porte a Salam Fayyad, premier e ministro degli Esteri ad interim del governo d’emergenza palestinese. La Livni vuole far capire all’esponente palestinese più ascoltato a Washington di esser pronta ad appoggiare tutti i passi in avanti sulla strada dei «due Stati». «Questo governo ha chiaramente accettato i principi internazionali... non solo il riconoscimento di Israele, ma anche e specialmente, la rinuncia al terrorismo... dobbiamo dimostrargli che la scelta moderata rende», recitano i portavoce ufficiali israeliani.
Con Fayyad la Livni fa di tutto per confermare questa linea. Fosse per lei, aggiungono le voci, Israele dovrebbe usare l’irripetibile momento per raggiungere intese sui punti fondamentali come la questione di Gerusalemme, dei confini e dei profughi. Questioni che il suo capo Ehud Olmert preferirebbe discutere nell’ambito di un accordo di più vasta portata garantito dalla Lega Araba. L’inclinazione della Livni, disponibile ad intese storiche anche con Fayyad e Abu Mazen emerge dai comunicati del ministero degli Esteri palestinesi assai convinti nel descrivere un incontro dedicato «non soltanto a rimuovere qualche posto di blocco qui e là, ma alle più ampie questioni».
Mentre gli esponenti ufficiali israeliani corteggiano il governo di Ramallah, le anime grigie dell’esecutivo lavorano per sbrogliare le irrisolte, ma irrinunciabili questioni aperte con Hamas, prime fra tutte lo scambio di prigionieri indispensabile per ottenere la liberazione di Gilad Shaalit, il militare ostaggio del gruppo fondamentalista. L’ex viceministro della difesa Ephraim Sneh ha incontrato in carcere Marwan Barghuti, l’ex segretario generale di Fatah condannato a cinque ergastoli. Ofer Ekel, l’ex numero due dello Shin Bet responsabile delle trattative per la liberazione degli ostaggi, ha portato in Egitto la lista di prigionieri che Israele è pronto a rilasciare in cambio di Shaalit.
Hamas ha ben accolto l’inserimento in quella lista del nome di Barghuti. La liberazione dell’uomo forte di Fatah gli varrà i classici due piccioni con una fava.

Regalerà uno scomodo avversario ad Abu Mazen e Fayyad e strapperà il riconoscimento dei palestinesi che considerano Barghouti il loro futuro leader. Il prersidente palestinese, in un’intervista al Tg 1, ha confermato le voci di una presenza di seguaci di Bin Laden nei Territori e, per la prima volta, ha accusato Hamas di «proteggere Al Qaida» a Gaza.

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