Le «cose che sono successe prima del terremoto» (titolo originale, in inglese, di Terremoto di Chiara Barzini) sono, fra l'altro: il trasloco stile armata Brancaleone di una famiglia romana in un sobborgo malfamato di Los Angeles (Van Nuys, altro che Beverly Hills), quando la città si sta ancora leccando le ferite dai riots, le rivolte razziali del '92; l'impatto di Eugenia, liceale abituata alle occupazioni della capitale, con una High School in cui, per entrare, bisogna passare al metal detector e gli insegnanti pensano che in Italia ci sia ancora Mussolini al potere; i tentativi surreali del padre Ettore di sfondare a Hollywood; una villetta trasformata in set cinematografico; il sesso come strumento di integrazione di una adolescente sradicata (sempre Eugenia) in una comunità apparentemente indifferente; il cibo italiano come strumento di integrazione di una donna matura solo anagraficamente (la madre Serena) in un mondo totalmente alieno, che però adora i suoi manicaretti; una visita con rituale-omaggio a un cimitero di nativi nel South Dakota; una prima volta con una spolverata di peyote; una esperienza omosessuale intensa; molti mercatini dell'usato, e passeggiate lungo i Boulevard deserti di pedoni, perché nella Città degli Angeli, si sa, tutti girano in automobile.
Ecco, poi arriva il terremoto, quello vero, del gennaio 1994: e per Eugenia, dopo tanto respingimento, è come se la città le si aprisse sotto gli occhi, letteralmente. La natura violata e violenta fa emergere la sua magia, il «luminoso invisibile»; e non più solo l'essere un luogo di «persone roccia», il cui cuore è inaridito dal sole come il deserto del Mojave. Chiara Barzini ha un cognome illustre (il nonno era il giornalista Luigi, la zia Benedetta una famosa modella), si è trasferita con la famiglia a Los Angeles da adolescente, è anche sceneggiatrice, ha scritto il libro in inglese e in America ha ricevuto recensioni entusiaste. Insomma è già un fenomeno (cosa che può essere un rischio), sul quale punta anche l'editore italiano, Mondadori. Il New York Times lo ha definito un romanzo «intellettualmente astuto» (e lo è), ma Eugenia, e certe sue avventure, se non del tutto originali, restano nel lettore.
Creano, come direbbe il regista Ettore, il «compost necessario»: il terreno di una storia, che a volte ha una sua verità. Il rapporto di una adolescente con una città. Indagato con una scrittura non «femminile»: il che fa sì che Terremoto non sia un romanzo «di genere».
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