Quando arte e natura si uniscono nasce il «Sogno»

La stagione 2008 del Globe Theatre si è aperta la scorsa settimana con Sogno di una notte di mezza estate. Scelta probabilmente non casuale visto che quest’opera - affascinante intreccio di trame e sottotrame diverse al cui scioglimento contribuiscono la magia, la fantasia e la forza dei sentimenti - si presta in modo esemplare al luogo e, soprattutto, a quell’indubbio senso di comunione tra Arte e Natura che la bella struttura lignea di Villa Borghese ispira già prima di entrarvi. Vogliamo dire, cioè, che un Sogno di per sé quanto mai stravagante, lieve e incantato, lo diventa ancora di più in un teatro con palco e platea a cielo aperto, immerso nel bosco e circondato da una fitta vegetazione. Su questo aspetto «naturalistico» insiste anche la regia di Riccardo Cavallo, impegnato nella ripresa di un lavoro messo a segno la scorsa stagione che, al suo debutto estivo, è stato oggetto di un’aspra polemica da parte degli animalisti, sollevatisi in massa contro l’idea di arredare la scena con 25 pappagallini da dislocare in diverse gabbie. Gabbie rimaste ovviamente vuote ma comunque capaci di evocare, facendo appello all’immaginazione del pubblico, la brulicante presenza dei volatili. Questo originale spunto scenografico ci dà la misura di una visione registica dove il testo shakespeariano sembra riletto, pur nelle sue venature liriche e simboliche, attraverso la lente della caricatura.
A differenza di pregevoli allestimenti del passato (come non citare, per esempio, quello storico di Peter Brook?), Cavallo esaspera toni e registri interpretativi (e gli vanno incontro in questo anche i ricchi costumi di Manola Romagnoli) e inclina ora per ombreggiature sentimentali (laddove segue la triplice trama del matrimonio tra Teseo e Ippolita, dello scambio di partner tra le due coppie giovani e dell’amore fiabesco tra Titania e Oberon), ora invece per un deciso piglio macchiettistico. Tra le licenze azzardate in questa lettura c’è, infatti, una sorta di «italianizzazione» della sottotrama riservata alla compagnia dilettante di Bottom, qui connotata con nomi nostrani (Tom Beccuccio, Peter Zeppa, etc) e spinta su moduli recitativi che strizzano l’occhio alla Commedia dell’Arte e alla commedia di carattere partenopea. Il risultato complessivo è dunque ambivalente: se da un lato non mancano trovate curiose, dall’altro le lungaggini esasperate e certe sbavature barocche rischiano di annoiare. Chi ne fa le spese è soprattutto l’universo luccicante e magico dei folletti e delle fate, con un Puck «appesantito» e atmosfera dominante da pellicola fantasy piuttosto convenzionale. Anche gli attori, per quanto ce la mettano tutta, non sempre riescono a evitare l’enfasi e il compiacimento. Un plauso particolare va però alla frizzane Elena di Federica Bern.


Al di là di ogni considerazione, una cosa è comunque certa: gli spettatori si divertono, seguono con partecipazione, aspettano pazienti l’immancabile happy end e, naturalmente si godono il luogo. Repliche fino al 13 luglio.

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