Quando la guerra si dimentica dei «bambinacci»

Da una parte: la nostra Storia collettiva, con la sua concretezza, le sue ingiustizie, le sue lacerazioni. Dall’altra: una tensione fantastica, vibrante e poetica. In mezzo: «storie» piccole, minute, raccontate quasi in sordina, come a voler disegnare parabole quotidiane semplici ma, al contempo, evocative di qualcos’altro, di qualcosa di più. La scrittura di Duccio Camerini sembra strutturarsi sempre meglio lungo questi tre assi paralleli e complementari. È stato così per l’articolata trilogia «Orienti». Ed è così anche nell’ultimo lavoro dell’autore-regista-attore romano, Bambinacci, di scena alla Cometa fino a domenica. Spettacolo corale, polifonico, in cui agiscono personaggi/bambini interpretati da attori adulti (oltre allo stesso Camerini, assai incisivo nel ruolo di Nunziangelo, spiccano la Giovannella energica e risolutrice di Amanda Sandrelli e il Lippo balbuziente di Daniele Russo) e agiscono, tanto più, grandi tematiche a sfondo storico (siamo ai tempi della seconda guerra mondiale), sociale, etico e umano: l’abbandono, l’isolamento, la violenza, i soprusi di un mondo adulto dimentico della sua stessa infanzia. Si chiamano «citoli» i poveri orfanelli rinchiusi a Castello Bucio che, giostrando tra punizioni, marachelle, litigi, ingenuità erotico-sentimentali e ovvie nostalgie per le madri perdute, incastrano voci e dialetti (un ciociaro schietto e agreste con, in alcuni, decise inclinazioni meridionaliste), alla ricerca di una via di fuga dal futuro buio che li attende. Il tutto mentre si muovono fanciulleschi in una scenografia di corde e legno che restituisce l’idea del recinto e dove campeggia alto un «tabernacolo» della memoria deputato a custodire l’identità stessa dei giovani ospiti. Identità di cui in qualche modo essi riusciranno a riappropriarsi.

Solo allora, infatti, la finzione illusoria della mimesi si trasformerà in racconto rivolto direttamente al pubblico. Così da ricordare - e ricordarci - il senso ultimo di quel «fanciullino» pascoliano che abita dentro ciascuno di noi.

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