"Quattro omicidi? Abbiamo ucciso 18 persone"

Mario Maccione, condannato a 19 anni, dal carcere per la prima volta racconta tutto sui delitti: "Era una cooperativa di serial killer, ci saremmo scannati tra noi. La prossima della lista nera era la Ballarin"

"Quattro omicidi? Abbiamo ucciso 18 persone"

Milano - Quanti sono i morti delle Bestie di Satana? Mario Maccione ha una leggera esitazione, chiude un attimo gli occhi davanti all’enormità di quelle croci, poi si decide: «Diciotto». Diciotto? Addirittura? «Ho fatto dei miei calcoli, sto recuperando lentamente i miei ricordi, flash, frammenti di conversazioni di allora con gli altri e credo di poter affermare che sono molti, molti di più di quelli entrati nella contabilità ufficiale». Ferma a quota quattro: Fabio Tollis, Chiara Marino, Mariangela Pezzotta e Andrea Bontade, «suicidato». «Io penso che siano diciotto, più o meno, anche se sto riemergendo un po’ alla volta dalla nebbia acida in cui ero precipitato».

Nebbia acida: la chiama così. E subito ne spiega gli ingredienti: «Mescalina, Lsd, cocaina. Pensi che quando facevamo le sedute spiritiche, fra di noi girava un calice di bronzo. Lo riempivamo di alcol puro e dentro ci mettevamo mescalina e Lsd. Poi bevevamo d’un fiato, che tanto l’alcol bruciava tutto. Ho vissuto in quella nebbia per anni, non capivo quel che facevo, ricordo di aver affrontato senza paura prove di coraggio spaventose: un giorno mi sono buttato tutto vestito da un ponte sull’Adda. Saranno stati 20-30 metri d’altezza, tutti mi incitavano, io mi sono lanciato come se niente fosse, ho toccato il fondo con i piedi, ricordo la fanghiglia che quasi mi imprigionava, io che scalciavo, poi finalmente la sensazione di essermi liberato e il ritorno alla riva, fra gli applausi».

Carcere di Bollate. Una saletta appartata. Maccione indossa una maglia a maniche corte, jeans, scarpe da tennis. Sembra un ragazzo qualunque di 28 anni. Il passato si affaccia solo sul braccio destro dove, dal ’96, è tatuato un enorme demone: si vedono testa, braccia, gambe, ma sarebbe meglio dire zampe, la coda. «Presto lo cancellerò. Voglio uscire definitivamente da questa storia; anche per questo ho deciso di dire tutto, ma proprio tutto. Però mi serve tempo».

Perché?
«Perché il passato riemerge sotto forma di déjà vu».

Déjà vu?
«Sì, qua in cella ho visto più di una puntata di Chi l’ha visto? e ogni volta ho recuperato frammenti di memoria, annegati dall’uso delle droghe. Piano piano, collegando i nomi, i ricordi, le foto, ho cominciato a ricostruire quel che era accaduto in quel clima di follia collettiva e irresponsabilità».

E che cosa ha ritrovato?
«Molti morti».

Il primo?
«Christian Frigerio».

Scomparso nel nulla il 14 novembre 1996, nemmeno la Lombardia fosse l’America Latina dei desaparecidos. Per quella morte, c’è un’inchiesta bis della Procura di Monza: lei è indagato con altri componenti della setta, ma intanto, a distanza di dodici anni, il corpo di Frigerio non salta fuori.
«Le spiego quel che so. Io sono entrato nel gruppo proprio nel 1996».

La madre di Frigerio sostiene che lei lo conosceva.
«Di vista. L’ho incrociato qualche volta. Poi non ho saputo più nulla finché...».

Finché?
«Nel 1999 sono andato ad Amsterdam con Marco Zampollo, uno di noi. Lì un giorno lui mi ha minacciato: “Ti ricordi di Frigerio?” L’ha detto con un tono pesante, allusivo, come un monito. Ma è finita lì».

E perché la minacciava?
«Un attimo. Torno a Milano e riprendo la vita sbandata di sempre. Gli altri mi invitano a una riunione nel parco di Brugherio».

Gli altri chi?
«Sempre gli stessi: Andrea Volpe, Eros Monterosso, Marco Zampollo, Paolo Leoni, Nicola Sapone. Alle riunioni c’erano sempre loro, il nocciolo duro del gruppo».

E che succede?
«Volpe mi dice: “Ti ricordi di Fabio e Chiara?”»

Fabio Tollis e Chiara Marino, le prime vittime ufficiali delle Bestie di Satana, uccise a coltellate il 17 gennaio ’98.
«“Guarda che non sono stati i primi”. Si alza Leoni e conferma. “Cosa ti credi? Il primo è stato Frigerio, quel traditore, l’abbiamo ucciso a coltellate a Brugherio, nella cava dove facciamo le prove di coraggio”».

Le prove di coraggio?
«Sì, tipo riempirsi di acidi, entrare nel bosco in piena notte, fronteggiare le aggressioni degli altri. Quando sei fatto, ti sembra tutto mostruoso, non connetti, è un incubo».

E perché se lei non c’entra, le sarebbero venuti a raccontare questo omicidio?
«Dopo la morte di Fabio e Chiara io ho cominciato a prendere le distanze da loro, avevo paura che mi uccidessero e loro avevano paura di me. Quindi cercavano di tenermi in pugno, mi incutevano terrore, era un gioco strano, crudele. Mi hanno raccontato anche altri delitti, avvenuti in seguito e a cui io non ho partecipato. E me li raccontavano per intimorirmi, per schiacciarmi: è difficile ricostruire quel clima di terrore e follia».

Agli inquirenti ha spiegato queste cose?
«Io non lo sapevo, ma mi hanno messo in cella delle cimici e hanno registrato i miei sfoghi con il mio compagno di cella. Poi ad aprile hanno perquisito la cella, mi hanno dato l’avviso di garanzia per la morte di Frigerio, di Andrea Ballarin e di una prostituta di cui non so nulla, mi hanno fatto vedere un pacco alto così di intercettazioni. Però l’episodio chiave da cui partire per capire quegli anni è la morte di Fabio e Chiara».

Per quell’episodio lei ha una condanna definitiva a 19 anni. Pena relativamente mite perché lei ha scelto il rito abbreviato e, soprattutto, perché all’epoca era minorenne.
«Ci siamo ritrovati al pub Midnight di Porta Romana. Poi abbiamo preso la macchina. Guidava Volpe, al suo fianco c’era Sapone, dietro io, Fabio e Chiara. Si era parlato di uccidere qualcuno, ma a me avevano detto che era uno scherzo. Io ero tranquillo. In macchina mi hanno dato una bottiglia: dentro c’era Lsd o mescalina. Non ricordo. Ricordo solo di aver visto sotto il sedile un martello».

Vada avanti.
«Siamo arrivati nel bosco, a Somma Lombardo. Siamo scesi. In teoria dovevamo sottoporci alla solita prova di coraggio. Siamo arrivati davanti a una buca, con la terra smossa. Volpe ha detto a Sapone: “Ecco la buca”. Li ho osservati bene: avevano fra le mani due coltelli lunghi così. Mi ha preso il panico. Sono tornato di corsa all’auto, ho afferrato il martello, qualcuno mi veniva incontro, ho dato colpi all’impazzata. Poi è nebbia fitta».

Un po’ comoda, questa nebbia a intermittenza.
«È la verità: mi sono risvegliato pieno di sangue. Avevo preso una coltellata sopra il polso destro. Eccola». E mostra la cicatrice. «Volpe e Sapone mi gridano: “Che cazzo hai fatto? Hai fatto un bel casino. Per fortuna abbiamo sistemato tutto noi, sarà il nostro segreto”. Io per un anno ho creduto alla loro versione, anche se non mi tornava, anche se non mi spiegavo e non mi spiego come ho rimediato quella coltellata. Poi a distanza di mesi, li ho sentiti che parlavano e raccontavano tutta un’altra storia».

Quale?
«Io avrei colpito Fabio col martello, lui è caduto, si è rialzato, sono intervenuti loro, hanno ucciso lui e Chiara. Anzi, li hanno sgozzati già nella fossa perché non morivano. Io dopo quell’episodio ho cominciato a prendere le distanze, a tenermi alla larga, avevo paura di essere ucciso».

Perché sono morti Chiara e Fabio?
«Al processo hanno detto tante fesserie. La realtà è molto più cruda. Chiara aveva una polizza sulla vita assai alta. Soldi, solo soldi: ecco il movente. E Fabio si era innamorato, perso, di Chiara che era la donna di Leoni. Questo bastava per decretarne la morte».

Le Bestie di Satana sono state condannate per altre due morti: il suicidio, «imposto» di Andrea Bontade, l’omicidio di Mariangela Pezzotta nel gennaio 2004.
«Bontade doveva essere presente quella sera con Fabio e Chiara. Ma, chissà, forse aveva avuto paura. Non si presentò e Volpe s’infurió: “Quel bastardo non è venuto, è un traditore”».

Morale?
«Lo costrinsero a morire. Gli diedero l’ultimatum: “O lo fai tu o lo facciamo noi”. Gli consegnarono diecimila lire per la benzina, lui prese la macchina e si schiantò a folle velocità come un kamikaze contro una vecchia casa».

Come è possibile?
«È possibile, è possibile. Chi moriva veniva lavorato per mesi, perdeva la coscienza, non capiva più nulla. Volpe era un maestro nel metterti nel caffè o nel vino droghe, psicofarmaci, schifezze di ogni genere che ti annebbiavano la mente, annullavano la tua volontà».

Dopo Bontade a chi toccò?
«Ad Andrea Ballarin. Gli tesero un agguato il 6 maggio 1999 vicino casa a Somma Lombardo. Lui aveva picchiato Sapone, per di più in pubblico, spaccandogli il naso. Lo stordirono con l’etere, poi lo impiccarono, per gli inquirenti fu un suicidio».

Ballarin era uno di voi?
Certo. Come tutti quelli morti. Eravamo partiti come fratelli fra il 1995 e il 1996, suonavamo l’heavy metal, siamo finiti a scannarci l’un l’altro come animali».

Poi?
«Poi sono morti Angelo Lombardo e Luca Colombo. Erano il custode e il fioraio del cimitero di Legnano. Colombo fu impiccato, l’altro fu bruciato in casa con la benzina. Mi dissero che era morto fra dolori atroci, gridando disperatamente. Uno scempio di cui si vantavano. Anche quei due sono morti per niente, per paranoie, per qualche sgarro incomprensibile, forse perché sapevano troppo».

Lei ancora una volta non c’era?
«Io ho pagato la mia parte per Fabio e Chiara. Non ho fatto altro. Mi raccontavano le altre morti per intimorirmi perché temevano che io uccidessi qualcuno di loro, cosa che avrei fatto volentieri. In seguito fu ammazzato un altro giovane che gravitava intorno al gruppo: Doriano Molla. Lo impiccarono nel Parco del Ticino e pure quello risultò un suicidio, come gli altri. Poi nel 2004 ci fu la morte di Mariangela, l’ex fidanzata di Volpe. Per fortuna a quel punto ci hanno arrestati tutti».

Perché?
«Perché ci saremmo ammazzati l’un l’altro, fino all’ultimo. La prima a morire sarebbe stata Elisabetta Ballarin, la nuova fidanzata di Volpe. Poi, forse, sarebbe toccato a me, anche se stavo in guardia».

Chi erano le Bestie di Satana?
«Una cooperativa di serial killer».

Il Demonio?
«A furia di evocarlo ci eravamo convinti che ci aiutasse. Uccidevamo e nessuno veniva scoperto, seppellivamo i corpi e non li trovavano. Attraversavamo per sfida la ferrovia e il treno ci sfiorava senza investirci».

Le messe nere?
«Io ero il medium del gruppo. Leggevo frasi della Bibbia al contrario e gridavo frasi sconnesse: gli altri poi le interpretavano. Le messe nere, a cui non ho mai partecipato, erano la specialità di Leoni. So che si tagliavano col sangue, lo facevano colare nel calice, e poi intingevano nel sangue le ostie rubate».

C’era un’altra setta alle vostre spalle?
«La stanno cercando. Ma troveranno solo le nostre gioventù bruciate».

Chi sono gli altri morti?
«Non so i loro nomi. Ma ci sono altri corpi, da qualche parte nei boschi e nella brughiera. Per questo lancio un appello alle forze dell’ordine: mi facciano vedere le foto degli scomparsi di quegli anni, dei desaparecidos. Mi aiuteranno a trovare il bandolo della memoria».

Dov’è sepolto Frigerio?
«Due mesi fa ho portato gli investigatori nella cava. Ma dopo dodici anni, tutto è cambiato, non ci capivo più nulla. Però prima o poi lo troveranno. E pure gli altri.

Tutti quei ragazzi morti per niente. Le sembrerà strano, ma solo adesso, adesso che sto tornando alla vita, comincio a sentire il rimorso. E il dolore per quel che ho fatto. Soprattutto, ripenso a Fabio, Fabio che era un amico inseparabile...».

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