Quella holding piena di debiti con i conti avvolti nel mistero

Lo stato patrimoniale del gruppo Magiste non è mai stato certificato da nessuna società di revisione

Paolo Stefanato

da Milano

Stefano Ricucci è stato arrestato perché cercava di manipolare il prezzo delle azioni Rcs, allo scopo di mantenere più alto possibile il prezzo del pacchetto di cui il suo gruppo, Magiste, è titolare, ma che è in pegno alla Banca popolare italiana, con la quale è indebitato. Da parte dell’immobiliarista, si trattava dell’estremo tentativo di puntellare i conti del proprio gruppo, che ormai da settimane viene dato sull’orlo del crac. Ieri i giudici hanno confermato: «Situazione prefallimentare».
Ricostruire lo stato patrimoniale della Magiste è un’operazione molto ardua. I revisori - prima Price, poi Ernst&Young - si sono succeduti nel tentativo di far chiarezza nei conti, che non sono mai stati certificati da nessuno. La società di revisione Bdo ha accettato in marzo di redigere il bilancio di Magiste entro il mese di aprile: siamo tutti in attesa. Gli ultimi consulenti, Guido Roberto Vitale e Vittorio Ripa di Meana, hanno riempito 43 pagine di un documento di analisi che, prima di addentrarsi nei numeri, mette le mani avanti: «La Vitale & Associati non rilascia alcuna dichiarazione e non presta alcuna garanzia circa la correttezza, l’accuratezza, la veridicità e la completezza delle informazioni». In parole povere, non si assume responsabilità su dati di natura e di provenienza incerta.
Magiste del resto non è quotata in Borsa e quindi non è soggetta a una serie di rigide regole di trasparenza; aveva una contabilità parallela, che è stata trovata nel ripostiglio di Zagarolo; ha un’organizzazione di gruppo che risale a una holding di diritto lussemburghese, controllata interamente da «The Stefano Ricucci trust». Nella primavera del 2005, ai tempi in cui era ancora in auge, Ricucci aveva annunciato una riorganizzazione con il trasferimento della capogruppo in Italia: a questo scopo era stata costituita una srl. Poi l’operazione era stata annullata. A pochi mesi di distanza, riannunciata. Con un successivo dietrofront, motivato questa volta da ragioni di non convenienza. Tutto converge a confermare una certa confusione: se confusione c’era nelle comunicazioni al pubblico, è lecito pensare che confusione ci fosse anche in tutto il resto, a cominciare dai conti.
La situazione patrimoniale presa in esame da Vitale & Associati si riferisce ai conti di fine ottobre 2005: a quell’epoca debiti e patrimonio sostanzialmente si equilibravano a 1,6 miliardi. Il patrimonio era formato da immobili (367 milioni), titoli Rcs (622), altre azioni (Antonveneta, Capitalia, Mps e Bpi per 500 milioni), liquidità per 34 milioni.
Da allora le partecipazioni minori sono state cedute, diminuendo l’esposizione bnacaria; la quota in Antonveneta è stata ceduta dalla Procura di Milano ad Abn Amro, ma il controvalore è stato confiscato. La liquidità non c’è più. Il nodo determinante è la quota in Rcs, il 14,7%: secondo le proiezioni di Vitale & Associati, il patrimonio netto di Magiste sarà negativo tra i 180 e i 76 milioni di euro secondo che i titoli Rcs vengano venduti a 5 euro (la migliore delle ipotesi) o 4,1 (la peggiore).


Ecco spiegato perché negli ultimi giorni - in parallelo agli incontri dei legali di Magiste con i rappresentanti della Banca popolare italiana che ha in pegno i titoli e che vanta 692 milioni di crediti - Ricucci tentava disperatamente di mettere in piedi un’operazione ingegnosa e truffaldina: comprare, attraverso un prestanome, i titoli a 4,4 euro facendo figurare al mercato un prezzo di 5,36 euro; lui avrebbe garantito la differenza, mentre l’eventuale plusvalenza, in caso di successiva vendita a un prezzo superiore, sarebbe stata divisa in due.

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