Barbara Silbe
Incontri Silvia Amodio e ci fai amicizia. E diventi amica anche di Arturo, Orazio e Luisa. Lei sorride e ti mostra le foto: Arturo è un gatto, un «felis sylvestris catus». Orazio è un «bull dog», un simpatico «canis lupus familiaris». Luisa infine, è una scimmia, un «pan troglodytes». Silvia Amodio è la più difficile da classificare. Allinizio diresti che fa solo la fotografa. Diresti di lei che è una ragazza minuta e dolcissima, ricci in testa e sguardo da bimba. Poi attacca a parlarti dellossessione che coltiva da anni, ed è subito empatia, e lei diventa di colpo una che conta, che sente, che sa. Che si occupa di zooantropologia, scienza sociale e biologica, che integra lo studio delluomo con quello dei suoi simili, gli animali, esseri che ci vivono accanto e intorno resistendo alle nostre indifferenze e violenze. «Mi sono laureata in filosofia del linguaggio racconta Silvia Amodio con una tesi svolta alle isole Hawaii sulle competenze linguistiche dei delfini».
Si guarda le mani e ti confida che è andata in mezzo al Pacifico grazie a una borsa di studio, che tra quei ricchi americani era a disagio, e poi si concentra sui cetacei e sul dialogo che ha instaurato con loro. «Il mio prosegue è un approccio in bilico tra arte e scienza, psicologia e creatività. Mi occupo di animalità, strana parola per definire laspetto bestiale che sta in contrapposizione con quella qualità, umana, che è la personalità». Un po Arcimboldo, un po Konrad Lorenz e un po Josef Beuys? «La fisiognomica e lambientalismo centrano fino a un certo punto e lantropologia arriva fino allo stesso limite». Il resto, il tassello che agli altri manca, è un dialogo intimo, un vero ponte tra le bestie e noi, attraversato decine di migliaia di volte grazie ai suoi clic. «Allinizio di questa mia strana carriera, mai decollata davvero, ai convegni scientifici mi lasciavano entrare con diffidenza, mi ascoltavano con supponenza e alla fine si alzavano tutti in piedi ad applaudirmi. Oggi mi invitano loro: piace anche agli antropologi questo approccio che riguarda due mondi lontani, è come se ci fosse bisogno di riconciliazione».
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