Quello che gli scrittori non dovrebbero mai fare

Quello che gli scrittori non dovrebbero mai fare

A dire il vero, le avvisaglie non mancavano. Trasmissioni radiofoniche dove lo scrittore di successo balbettava una banalità dopo l’altra. Presentazioni pubbliche di romanzi dove il primo a sbadigliare era il presentatore. E poi una sensazione di entropia, come se con il passare del tempo la letteratura attirasse gente sempre più grigia, sempre meno affascinante. A toglierci l’ultima illusione sulla statura morale dei romanzieri viene ora l’irriverente pamphlet di Cristiano Armati Cose che gli aspiranti scrittori farebbero bene a non fare ma che invece fanno (Giulio Perrone editore, pagg. 94, euro 10). Funzionario editoriale di lungo corso - editor della Newton Compton, di Coniglio editore nonché, fino a qualche giorno fa, direttore editoriale per Castelvecchi - Armati negli ultimi anni ha affrontato stuoli di aspiranti scrittori, ognuno con un manoscritto sottobraccio da sbolognare. E il quadro che ha tratto da questa esperienza non è edificante.
La denuncia della dabbenaggine di chi vuole esordire nel campo minato dell’editoria comincia con la segnalazione di piccoli, tragici errori. Per esempio, vi sono autori che spediscono il manoscritto per raccomandata, costringendo la casa editrice a mandare qualcuno a fare la fila all’ufficio postale. Ma anche se il postino trovasse una segretaria per la firma di prammatica, nota Armati che «la forma della lettera raccomandata è per sua natura associata a un problema e non certo a un’opportunità. Le multe, gli atti giudiziari e le denunce arrivano per raccomandata». Altri scrittori, ancora più esperti nel darsi la zappa sui piedi, scrivono sul loro romanzo «Attenzione! Il presente manoscritto è depositato alla SIAE, sezione OLAF». La misteriosa sezione OLAF della SIAE, naturalmente, si limita a prendere nota dell’oggetto depositato, ma intanto chi apre la busta si sente minacciato. È come se lo scrittore dubitasse dell’onestà di chi leggerà il manoscritto e lo accusasse di essere, potenzialmente, un plagiario. C’è poi la genìa dei «dottori, notai e professori convinti di sfuggire al problema di scrivere un buon libro allegando una lettera di presentazione particolarmente ampollosa». Sono gli scrittori che «millantano crediti». Fra i millantatori, meritano di finire in una categoria a parte quelli che fanno fretta all’editor vantando futuri contratti con Mondadori, Feltrinelli e persino con Random House, che secondo loro non vedrebbero l’ora di pubblicarli. Guai a chiedersi come mai, vista l’imminenza di un tale evento, i medesimi autori continuino a spedire il romanzo a case editrici minori: evidentemente la logica non è una virtù da letterati.
Categoria a parte anche per gli scrittori che assicurano di aver fatto leggere il manoscritto agli amici, i quali avrebbero apprezzato. «A questo tipo di scrittore - osserva Armati - ricordo sempre che l’editoria è l’esatto contrario degli amici. Se bisognasse raggiungere gli amici sarebbe sufficiente la copisteria del paese». I peggiori? Quelli che mandano il romanzo, poi telefonano dopo una settimana per avvertire che il testo inviato è da buttare e che c’è una nuova versione di cui tener conto... Per tacere dei persecutori su facebook, via mail e, con agguati, per strada; di quelli che fanno paragoni («Con tutta la m. che si pubblica...»); e finire con i qualunquisti da strapazzo («In Italia, se non hai qualcuno alle spalle non vai da nessuna parte»).
Insomma, a quanto pare gli aspiranti scrittori non sarebbero solo narcisi: sarebbero - soprattutto - dei villani. Loro colpa non è la presunzione luciferina dei geni, che inevitabilmente sconfina nel maltrattamento dell’alter. È, piuttosto, la mancanza di uso di mondo.

La buona notizia, però, è che oltre ad aprire una finestra sull’universo dell’editoria, il volumetto di Armati, se rivoltato come un calzino, si trasforma in un galateo che ogni letterato in erba dovrebbe imparare a memoria. Magari non sarà pubblicato lo stesso, ma almeno, quando uscirà dalle redazioni con un no appiccicato dietro la schiena, potrà farlo a testa alta; e forse i suoi sogni di gloria saranno ricordati con più indulgenza.

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