Questa città non ha paura non siamo in mano ai clan

Questa città non ha paura non siamo in mano ai clan

(...) i quotidiani e veniamo subissati di allarmi: allarme euro, allarme economia, allarme CO2, allarme nebbia, allarme acqua e, naturalmente, allarme 'ndrangheta.
Non è che i problemi non esistano, lo sappiamo tutti. Camorra e 'ndrangheta hanno una grande parte del controllo della malavita non solo al sud ma anche da noi. La grande criminalità si è orientata verso il mondo degli affari, gli appalti pubblici, le piccole e medie imprese. Non è necessario essere aquile per capire che a Milano gira una quantità esorbitante di denaro sporco. Non stiamo più parlando di «picciotti» con coppola e lupara, ma di brillanti magistrati e avvocati, spesso molto intelligenti e simpatici.
Ma, a parte il fatto che certe espressioni di disprezzo non vanno usate né per Milano né per Reggio Calabria, quello che è certo è che Milano non è questa cosa, anche se a dirlo sono magistrati o scrittori di successo. Una città non va giudicata dalla presenza di dinamiche malavitose, anche ad alti livelli. Se queste dinamiche ci sono - e ci sono - bisogna combatterle, certo, ma senza cedere alla tentazione di fare piazza pulita, perché questa tentazione - ossia quella di giudicare un fenomeno «in generale» prima di avere accertato le responsabilità oggettive - è un vizio (un po' marx-leninista, se vogliamo) da cui la nostra magistratura non è esente, e io non vorrei, una volta fatta piazza pulita, ritrovarmi nelle mani di gente così. L'orrore non ha solo la faccia della malavita organizzata, ma anche quella dei moralizzatori.
Quanto a Milano, il vizio di molti di coloro che ne parlano è quello di non conoscerla a sufficienza. Milano è una delle città al mondo con il maggior numero di opere sociali e di carità, associazioni laiche e religiose nonché di singoli cittadini che si prestano gratuitamente o inventano di sana pianta opere nuove e utili. La solidarietà organizzata e quella disorganizzata hanno la loro capitale a Milano. La rete virtuosa di questa città è fittissima, soprattutto nei quartieri periferici. E noi - sempre che i mezzi d'informazione ci aiutino - dovremmo abituarci a giudicare da queste cose una città: non dalla corruzione che ospita, ma delle contromisure che la società civile oppone alla corruzione. La corruzione si nutre di solitudine, di paura, di anonimato. Provate a farvi un giro, che so, all'Isola. Un quartiere piacevole, pieno di locali allegri, ristorantini, e soprattutto pieno di vita. Lì McDonald's, tempio dell'anonimato alimentare, non mette piede: lo trovate però poco al difuori del quartiere, in un luogo di passaggio, dove la vitalità del quartiere è solo un ricordo. Bisogna sostenere la vita, dunque, non scoraggiarla. Per questo dico: attenzione a diffondere gli allarmi. Io non sono un complottista, non vedo disegni sotto, ma so che, se mai un disegno c'è, è quello di narcotizzare i milanesi con iniezioni di paura. La paura ha sempre aiutato non solo i criminali ma anche tutti coloro che considerano l'uomo un mero problema gestionale.
Il grande tema non è etico ma antropologico. Tutti coloro che pensano che il problema della convivenza civile si riduca al rispetto formale delle regole o, nella migliore delle ipotesi, a un esercizio ascetico ma triste di interiorizzazione delle stesse, dimenticano un particolare importante: il bisogno di essere felici, di godere veramente la vita. La corruzione viene sconfitta là dove c'è gente contenta. E non si è contenti perché si hanno tanti soldi o perché si va con le donne, ma perché a) non si è soli e b) non si sta buttando via la propria vita. Milano sarà anche piena di cafoni col suv (anche se, per la cronaca, c'è anche un sacco di brava gente col suv) ma è anche piena di gente che attribuisce valore alla propria vita e alla vita altrui, e cerca di trarne le conseguenze.
Ogni attore di teatro che viene a recitare a Milano sa che il pubblico di questa città è diverso: più attento, più rispettoso, più critico.

Il primo dovere di chi da noi ha una responsabilità morale pubblica (amministratori, giornalisti, magistrati, medici ecc.) è quello di difendere questa vita che c'è e di non diffondere la paura allo scopo, il più delle volte, di farsi pubblicità.

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