Quindicenni col mitra nella Gomorra milanese

«Se non li avessimo arrestati adesso che sono ancora dei ragazzini, sicuramente tra qualche anno ci saremmo trovati davanti dei veri e propri criminali impegnati su ben altri fronti. Chissà che ora, almeno i più giovani - allontanati dalle famiglie e avviati su percorsi terapeutici all’interno di comunità - non possano cambiare strada».
Il dirigente del commissariato di Quarto Oggiaro, Angelo De Simone, scuote la testa. Tra lunedì e martedì lui e i suoi investigatori sono stati costretti ad arrestare dei ragazzini, dei quasi-bambini. Mica facile fare i poliziotti a Quarto Oggiaro, terra di spacciatori e di famiglie della ’ndrangheta, quartiere di omertà e pessime abitudini. Dove anche i giovanissimi sono già adulti pronti a entrare nei ranghi della malavita organizzata, magari facendo le sentinelle per qualche clan della zona con la tacita approvazione di mamma e papà. Esattamente come i due ragazzini di 16 e 17 anni, entrambi con precedenti e una vita passata dentro e fuori il carcere minorile e i loro ancor più giovani compagni, un dodicenne e un tredicenne (quest’ultimo è il fratello minore del 16enne) tutti fermati dalla polizia tra lunedì e martedì. Tra l’agosto e il dicembre scorso, infatti, hanno messo a segno ben undici rapine accertate insieme ad altri giovanissimi che si aggregavano al gruppo e venivano reclutati di volta in volta soprattutto per «fare numero» e intimidire maggiormente le vittime. In realtà i colpi sono almeno venticinque, senza contare tutte le denunce sporte alle compagnie dei carabinieri dell’hinterland da diversi studenti universitari diretti al polo della Bovisa e da alcune giovani donne.
Base logistica la zona della stazione delle Ferrovie Nord di Quarto Oggiaro, compreso il cavalcavia pedonale che collega lo scalo con il centro commerciale «Metropolis». Dove la vittima veniva accerchiata dal gruppo per evitare che scappasse e poi minacciata con coltelli e armi affinché consegnasse soldi e cellulari. Colpi spesso al limite dell’aggressione violenta: il 21 ottobre uno studente universitario diciannovenne venne assalito a suon di calci, pugni e testate per i quali fu poi ricoverato con il setto nasale fratturato e una prognosi di 30 giorni.
Le famiglie dei ragazzi erano a conoscenza di tutto. Il sedicenne è figlio di un noto pregiudicato attualmente in prigione a Bollate per rapina e di una ex prostituta ed era già stato, proprio grazie alle «entrature» dei genitori, una vedetta in piazzetta Capuana per la nota famiglia Carvelli, i boss della ’ndrangheta di Quarto Oggiaro. «Sempre meglio che andare in giro a fare rapine come suo padre, che rischia la vita» ha detto la madre alla polizia.
Con questi presupposti non è difficile capire perché la banda di ragazzini avesse raggiunto una certa fama nel quartiere dove gli studenti delle scuole medie di via Trilussa e di via Val Lagarina li volevano emulare e la baby-gang veniva considerata come una vera e propria palestra per piccoli malviventi.
Loro stessi, poi, grazie alle telecamere dei cellulari, s’immortalavano in pose ispirate al film «Gomorra». A torso nudo, con tatuaggi in bella vista ed esibiti con orgoglio, impugnavano armi che puntavano verso l’obiettivo, provando a sentirsi come gli attori della pellicola nell’arcinota scena della spiaggia. Mentre su una pagina Facebook uno di loro scarrella una pistola impugnandola con dei guanti di lattice.
Nel corso delle perquisizioni domiciliari compiute dalla polizia sono stati trovati, sedici cellulari, due coltelli, una mazza da baseball ed alcune riproduzioni di armi: un fucile mitragliatore (soft air), una pistola colt «Mk Iv» e una pistola «Dong».


Adessso i due più grandi sono stati reclusi nell’istituto minorile Beccaria, mentre il tredicenne e il dodicenne si trovano in una comunità terapeutica genovese. Il più piccolo ha chiesto in lacrime che lo accompagnassero lì anche i suoi genitori. Il giudice ha acconsentito, sperando che questa esperienza lo tempri e lo induca a cambiare vita.

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