Quindici anni di voltafaccia

Il titolo della prima pagina del primo numero del Giornale così recitava: «Fanfani conta amici e nemici». Era il 25 giugno del 1974. Trentasei anni dopo la politica italiana, e Silvio Berlusconi lo sta sperimentando di persona da quando ha deciso di scendere in campo, si fa ancora con il pallottoliere. Con l’instabile, tremolante, umorale pallottoliere delle amicizie e più ancora delle inimicizie. Che sorgono per i motivi più disparati e disperati. In altre parole, se è vero che la gratitudine non è di questo mondo, è o dovrebbe essere altrettanto vero che, nel terreno pur infido e paludoso della politica, un minimo di lealtà si imporrebbe. Eppure la particolarissima «collezione Panini» dei nuovi nemici del Cavaliere, di tanto in tanto, si arricchisce di insospettabili new entry.
È il caso di Beppe Pisanu, attuale presidente della commissione Antimafia, entrato in Forza Italia nel 1994, eletto deputato nello stesso anno, nel 1996 e nel 2001 e, nei governi presieduti da Berlusconi, per due volte ministro. Ebbene Pisanu, che da molti era già considerato il politico di centrodestra più caro al centrosinistra, ieri se ne è uscito con un’intervista in cui la cosa più carina che dice del Cavaliere è la seguente: «Berlusconi non è il Papa e io non sono un suo sacerdote tenuto all’obbedienza, io uso la mia testa». Nell’intervista a Repubblica l’ex ministro dell’Interno definisce «brutale e lacerante la risposta dell’ufficio di presidenza del Pdl al gesto di distensione compiuto, seppure in extremis, da Fini. È stato un grave errore politico e bisognerebbe correggerlo».
Voltiamo l’album della collezione. «Il nostro è un cammino che inizia, un cammino per aggregare coloro che pensano ad un’Italia democratica, liberale, popolare e riformatrice», annunciava, meno di un anno fa, Francesco Rutelli presentando la sua nuova formazione politica, l’Api, ovvero Alleanza per l’Italia. Tra i vari personaggi corsi a sostenerlo val la pena di ricordarne almeno un paio: Carlo Scognamiglio, ex presidente del Senato con il centrodestra, e Paolo Guzzanti, che ultimamente si è distinto nell’insultare il premier. Cominciamo da Scognamiglio. Quando il Polo nel 1994 vince le elezioni, al professore di Economia varesino viene consegnata da Berlusconi nientemeno che la seconda carica dello Stato. Nella successiva legislatura (1996-2001) ricopre l’incarico di ministro della Difesa. Ma il suo innamoramento per gli azzurri del Cavaliere dura ben poco e, dopo aver lasciato Forza Italia, si lascia incantare da varie sirene: dall’esperimento cossighiano di un «centro distinto e distante dalla destra», poi dai richiami di Mario Segni, infine da quelli di Rutelli.
Parlando di amici che diventano nemici, difficile dimenticarsi di Paolo Guzzanti. Eletto nella XVI legislatura col Popolo della libertà dopo essersi schierato, più e più volte, con interventi giornalistici dalla parte del premier, comincia a lanciargli frecce avvelenate e l’8 ottobre del 2008 dal suo sito internet, Guzzanti attacca così il Cavaliere: «Berlusconi mi fa vomitare, ha superato se stesso paragonando il presidente georgiano Saakašvili a Saddam. Ho ascoltato parole terribili e inaccettabili che non avrei mai voluto ascoltare. È amico di Putin e io questo non lo sopporto». Imboccata la rotta di collisione, l’anno scorso Guzzanti ha lasciato il Pdl e ha aderito al Partito liberale.
Non meno clamoroso il voltafaccia dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini passato con disinvoltura da berlusconiano di ferro a sostenitore di Fini e del suo «Futuro e libertà per l’Italia». Eletto, dopo Palazzo Marino, per due volte europarlamentare, ovviamente nelle file del Pdl, in queste ore Albertini ha tuonato contro il premier, ancora su Repubblica: «Per Silvio il confronto è eresia. Provo una grande difficoltà a uniformarmi alle ultime decisioni prese dal Pdl, e alla cacciata di Fini. Berlusconi ha costruito un partito dove ciò che piace al principe ha vigore di legge. E dove chi non è d’accordo viene messo alla porta».
Nell’album ci sarebbero tanti altri ex amici ora nemici. Come la promettente Chiara Moroni lanciata e apprezzata dal premier che ha scelto di passare anche lei al finiano Fli o l’ex pm di Mani Pulite Tiziana Parenti che, portata alla Camera nel gennaio ’94, non gradì la nomina di Alfredo Biondi a guardasigilli e inasprì sempre più i rapporti con Berlusconi fino al distacco politico.

O come Giorgio La Malfa, neotransfuga dal centrodestra, o Vittorio Dotti, ex presidente dei deputati azzurri che, dopo l’affaire Ariosto, si è defilato un po’ invelenito. Insomma, per dirla con Mark Twain: «Ci vogliono il tuo nemico e il tuo amico insieme per colpirti al cuore: il primo per calunniarti, il secondo per venirtelo a dire».

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