Rai, Vespa finisce nel tritacarne della politica

Il giornalista chiede 600mila euro in più. L’azienda: "Supera i 2 milioni, inopportuno". Un documento interno rivela i dettagli del braccio di ferro sul nuovo contratto, bloccato dai vertici di viale Mazzini col veto di Petroni, nominato dal ministro del Tesoro

Rai, Vespa finisce nel tritacarne della politica

Tempo di dieta per la Rai, ma la bilancia funziona a singhiozzo, dipende da chi ci capita sopra. Stavolta tocca a Bruno Vespa finire nel tritacarne politico, e il suo contrattone di collaborazione con Mamma Rai, in scadenza, si impantana nella selva dei piani alti di Viale Mazzini e nel solito fuoco di sbarramento dei vari esponenti Pd e Idv.
Che sia una questione politica non secondaria per i vertici Rai si deduce dalla tempistica: il «supercontratto» viene affrontato con larghissimo anticipo rispetto alla data stabilita per il rinnovo, il 30 agosto 2010, tra più di dieci mesi. Ma il braccio di ferro tra l’azienda e l’agente dell’inventore di Porta a porta è già cominciato e ieri la querelle è partita con un’informale bocciatura delle richieste di Vespa. Un documento interno Rai spiega in dettaglio i termini del nuovo contratto di Vespa e i motivi del suo preventivo «congelamento». In ballo ci sono almeno 2,2 milioni all’anno, ma il nodo vero sono 600mila euro circa, ovvero la differenza tra il compenso attuale annuo e quello che il giornalista richiede come base per il prossimo triennio.
Il calcolo è complesso perché non tiene solo conto delle serate di Porta a porta ma di altre variabili, come gli Speciali, le prime serate, le ospitate di Vespa (divise con un preciso tariffario, come per tutti gli anchormen, a seconda della fascia oraria e del contenitore) e una nuova collocazione per l’informazione made in Vespa nella cosiddetta «Striscia access», cioè lo spazio tra la fine del Tg della sera e la prima serata (20.30-21), un progetto fortemente voluto dal nuovo direttore di RaiUno Mauro Mazza. Un’ultima variabile impossibile da quantificare perché ancora in fase di mera ideazione.
Il documento svela altri particolari del mancato accordo, con i dettagli della richiesta e della controfferta aziendale. Attualmente Vespa percepisce un compenso minimo (al netto di tutti gli extra) di circa 1,2 milioni, «ma un reddito reale di circa 1,8 milioni a fronte dell’attività effettivamente svolta», si legge nella nota di Viale Mazzini. Il conduttore ha chiesto un aumento che tenga conto dell’inflazione, dal momento che il precedente contratto è stato firmato alla fine del 2003, e che per alcune parti risale addirittura al 2001: «Non a caso sono pagato con l’equivalente in lire», lamenta il giornalista.
La tabella contenuta nel documento Rai, e che pubblichiamo nel grafico, riporta i compensi unitari ipotizzati da Vespa per le puntate e per gli altri programmi, e dall’altra parte la corrispettiva offerta della Rai. La piattaforma di Vespa prevede - come detto - un incremento complessivo di 600mila euro all’anno, mentre quello della Rai 465mila euro, cifra raggiunta (scrivono i tecnici di Viale Mazzini) «dopo una trattativa piuttosto serrata, tentando in tutti i modi di contenere le richiesta avanzate, anche proponendo che da settembre 2010 decorresse solo l’importo a titolo di consulenza (170mila euro), il che avrebbe significato garantirsi anche la stagione 2010-11 alle stesse condizioni economiche riguardo ai compensi unitari. L’agente del dott. Vespa, tuttavia, dopo un confronto con il suo assistito, ha confermato l’indisponibilità a aderire a condizioni diverse da quelle sopra illustrate». Le differenze riguardano anche i nuovi «minimi» garantiti, 1.780.000 euro la richiesta di Vespa, 1.670.000 euro la proposta della Rai. C’è poi appunto la voce «Consulenza», da 170-180mila euro all’anno, che sarebbe una novità nel rapporto Vespa-Rai.
I minimi sono puramente indicativi perché - si legge nella nota interna - «è chiaro che l’aumento dei compensi unitari sopra indicato sarebbe tale da portare gli introiti dell’interessato intorno agli euro 2,2/3milioni annui». E conclude con un giudizio di merito molto chiaro: «Si pone, nel caso, un problema di opportunità». Insomma troppi soldi, in tempo di vacche magre, meglio riparlarne.
E così è stato al settimo piano dell’azienda. Il Cda non ha nemmeno iniziato a discutere la piattaforma economica perché la questione è stata rinviata preventivamente da due consiglieri di amministrazione, uno in quota centrosinistra (Rizzo Nervo) e l’altro in rappresentanza del Tesoro (molto vicino al ministro Tremonti, bersaglio di tensioni nella maggioranza) Angelo Maria Petroni, il vero «terminator» del piano Vespa. Il Cda ha così passato la palla al direttore generale Mauro Masi, chiedendo di approfondire i termini dell’accordo anche alla luce del previsto deficit Rai di oltre 600 milioni, da qui al 2012.
E Vespa? Replica che è «giusto che il Cda abbia chiesto un approfondimento su tutti i contratti da rinnovare». Ma la risposta apre subito una polemica sulla disparità di trattamento rispetto ad altri: «Mi dispiace che le fughe di notizie riguardino sempre e solo il mio contratto. Mi dispiace che si dimentichi che nel 2001 il direttore generale Cappon stabilì lui la cifra calcolando il 15% in meno di quanto offerto a Gad Lerner e Fabio Fazio per due trasmissioni meno importanti di Porta a Porta che mai si fecero. Mi dispiace che non si pubblichino i contratti del compianto Enzo Biagi, il contratto precedente e quello attuale di Fabio Fazio, quello di Daria Bignardi e altri ancora». Il dirigente Rai ex braccio destro di Enzo Biagi, Loris Mazzetti, si scaglia indignato contro Vespa che infanga la memoria di Biagi, il cui ultimo contratto con la Rai «è stato di 250mila euro», dice.

Ma Vespa controreplica che «un conto è l’inviolabile memoria di Biagi, un conto sono i contratti. Pubblichiamoli e facciamo i confronti». Inevitabili le scintille quando si discute dei contratti di Vespa in Rai. Meno male che c’è tempo per litigare. Fino al 30 agosto prossimo.

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