Ralph Lauren a New York veste la pace nel Medioriente

Lo stilista americano presenta candidi tailleur e pantaloni alla turca. Per Calvin Klein creazioni in 43 toni di bianco diversi

da New York

Il sogno americano di un Medio Oriente in pace, esotico quanto basta per affascinare gli occidentali, ma senza i fanatismi che hanno portato alla jihad, si è materializzato ieri a New York sulla passerella di Ralph Lauren. «Ho pensato alle viaggiatrici britanniche dell’epoca coloniale che attraversavano il Sahara, le città dello Yemen e i sultanati dell’Oman aggiungendo pezzi di grande fascino e femminilità alla perfetta eleganza maschile delle divise degli inglesi in colonia» ha detto il designer poco prima di far sfilare la sua superba collezione per l’estate 2009. C’erano perfette sahariane tagliate nel tessuto delle tende coloniali, candidi tailleur con il classico pantalone alla turca che gli esperti chiamano «sarouel», semplici spolverini in seta verde militare abbinati agli abiti da sera in raso beige punteggiato d’oro come la sabbia del deserto e magnifici accessori che andavano dai gioielli dell’impero ottomano ai turbanti dei tuareg, dalle grandi cappelliere alla pratica borsa «Ricky Bag» in una nuova gigantesca versione. Tutto faceva pensare a Freya Stark, l’appassionata nomade inglese che a 70 anni discese l’Eufrate su zattere fatte di vesciche di porco per poi ritirarsi ad Asolo a scrivere libri indimenticabili come Le valli degli assassini, Effendi o Le porte dell’Arabia.
Ma i capricci della moda non sono mai innocenti e infatti Ralph Lauren che è il simbolo vivente dell’american dream nella moda, sta per aprire una serie di boutique a Istanbul, Dubai e in Qatar. Inevitabile quindi proporre un’immagine familiare e rassicurante per quei Paesi da parte dello stilista più ricco del pianeta che fattura 3 miliardi e 800 milioni di euro e ha un figlio, David, prossimo alle nozze con Lauren, una delle due gemelle del presidente Bush. Del tutto diversa la sfilata di Calvin Klein, tutta bianca, geometrica, con veri e propri origami di tessuto trasformati in modelli voluminosi intorno al corpo anche se lo stilista, Francisco Costa, assicura che una volta piegati, occupano lo spazio di un quadernino. La cosa più sorprendente di questa collezione era l’infinita varietà del non colore per antonomasia: 43 toni diversi ottenuti dai giochi di luce sui tessuti. «Se vedo una donna vestita di bianco dalla testa ai piedi penso che vada a sposarsi» sostiene Custo Barcelona, irresistibile stilista spagnolo protagonista da tempo delle sfilate di New York con la sua moda in technicolor: mille stampe e innumerevoli tinte anche per un minuscolo costume da bagno. Grazia alla cacofonia di tinte e grafismi che lo ispira, Custodio Dalmau (questo il suo vero nome) ha costruito un piccolo impero con oltre 3000 punti vendita sparsi in 40 Paesi e un fatturato annuo di 72 milioni di euro prossimamente destinati a crescere sensibilmente. Infatti il designer ha appena firmato un accordo per decorare gli interni e disegnare le divise del personale di un lussuoso resort in Messico. Inoltre in ottobre verrà lanciato sul mercato europeo il suo primo profumo femminile che, a sentir lui: «Ricorda l’odore eccitante di Barcellona». Più tranquilla anche se sempre spumeggiante, la sfilata di Zac Posen, ventisettenne genietto newyorkese idolatrato dalla potente stampa Usa, era ispirata alla luce dei lampadari di cristallo durante una festa da ballo. Non a caso c’erano pochi modelli da giorno e tanti abiti da sera: corti, fascianti e con ricami-gioiello. Dello stesso segno le collezioni di Vera Wang e Marchesa, i marchi prediletti dallo star system a stelle e strisce in caso di red carpet. Da Tommy Hilfiger predominava invece lo stile giorno senza voli pindarici ma la solida eleganza di un trench sullo chemisier di seta leggera.

La settimana della moda di New York si è conclusa con la consacrazione di Thom Browne, stilista prescelto come ospite d’onore per il prossimo Pitti Uomo, appena nominato direttore creativo della linea Gamme Bleu di Moncler.

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