Recuperi di Stato

Ce ne fosse uno, di questi rivoluzionari dediti con parolaia ma a volte anche pistolera veemenza alla redenzione del proletariato, che dovendo fare un lavoro lo preferisse manuale. Ci sentiremmo tutti sollevati il giorno in cui scoprissimo che il terrorista - la terrorista - convertito, o in sonno, o in quiescenza, o pentito si guadagna il pane raccogliendo i pomodori in Campania o le mele in Trentino: oppure come fonditore o addetto alle presse in una grande fabbrica; o come facchino in un mercato rionale. Vogliamo largheggiare? Applichiamo pure l’idea del lavoro manuale ai commessi e alle commesse di negozio. C’è, in questa gamma, un’opzione gradita ai puri e duri?
No, assolutamente no: troppa fatica e troppo poca sicurezza. L’eversore d’oggi esalta Lenin, Stalin, Mao, magari Pol Pot ma poi pensa a una carriera pubblica da nullafacente stipendiato. Il guerrigliero che secondo tradizione viveva clandestino nei sottotetti, adesso ha la sindrome da colletto bianco, è un aspirante a carpire un piatto nel generoso banchetto della politica, peraltro con l’aria fiera di chi sa onorare le sue convinzioni. Può tenere concioni a un folto uditorio di stupidotti come ha fatto Renato Curcio - comunque più rispettabile d’altri, nel panorama degli anni di piombo - ma non sturerà mai un lavandino. Il che vale per chi ha avuto coinvolgimenti nel terrorismo, e vale anche per i fanfaroni alla Caruso e alla Casarini. Le incombenze umili toccano agli anonimi da mille euro al mese. I Caruso, per grazia ricevuta da Fausto Bertinotti, sragionano ma a 15mila euro al mese d’indennità parlamentare.
Adesso un altro nome s’aggiunge a quelli dei redenti vincenti. Claudia Gioia, esponente delle Unità comuniste combattenti (Ucc), condannata a 28 anni di carcere per l’omicidio del generale dell’Aeronautica Licio Giorgieri e per il ferimento dell’economista Da Empoli, è una delle dirigenti del Museo d’arte contemporanea di Roma. Risulta inoltre essere docente della fondazione Don Sturzo insieme a un altro terrorista rosso, Fabrizio Melorio. Dovremmo aver fatto l’abitudine, ma non ci riusciamo, a questi recuperi di compagni che hanno sbagliato. Se ne sono succeduti tanti. Susanna Ronconi era parsa al ministro Ferrero il tipo ideale da inserire nella Consulta per le tossicodipendenze, Roberto Del Bello è collaboratore d’un sottosegretario all’Interno, Silvia Baraldini fu designata nel 2003 come Consulente del Comune di Roma, Sergio D’Elia (25 anni per banda armata e omicidio) è segretario d’aula alla Camera.
Hanno pagato - così si risponde alle critiche - il debito che avevano con la società, non devono essere ghettizzati. Il ragionamento regge, ma entro ben precisi limiti. Nessuno nega a questi soggetti il diritto di rifarsi una vita. Ma sembra misura precauzionale ovvia il tenerli lontano da strutture pubbliche che avevano voluto scardinare anche abbattendone i titolari. Non mancano le opportunità, si dedichino dunque ad altro. È possibile che per un incarico al Museo d’arte contemporanea non vi fosse una candidatura preferibile a quella di Claudia Gioia? È possibile che per lo studio delle tossicodipendenze fosse indispensabile l’apporto della ex br Susanna Ronconi? E poi, per tornare alle considerazioni iniziali: dobbiamo ricorrere alle badanti rumene e polacche, ci sono tanti anziani da assistere, con dedizione.
Certo è un mestiere duro, che sfianca sia fisicamente sia psicologicamente. Scommetto che Casarini e Caruso hanno il voltastomaco solo a parlargliene, vuoi mettere un’incombenza da passacarte a tavolino o una sceneggiata davanti a telecamere compiacenti? I tromboni della disobbedienza ora si ritengono al disopra di quelle miserie.

E certa dirigenza politica che ha flirtato con il piombo degli anni bui, cerca e trova un alibi per i suoi cedimenti promuovendo a incarichi intellettuali coloro che di quel piombo fecero largo uso. Era lì l’intelligenza. S’è visto.

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