Regia indecisa e una recitazione un po’ svogliata

Prima che le fiction di argomento religioso diventassero un genere tv di sicura cassetta, e quindi entrassero nella logica dei format e delle «catene di montaggio», occuparsi della cristianità era un compito cui registi, attori e produzione si accostavano con timore. Era una paura che dava, quasi sempre, buoni frutti. Gli addetti ai lavori sapevano di avere gli occhi di tutti addosso, sia dei credenti (un pubblico non ancora abituato alla storicizzazione televisiva della spiritualità, e quindi sospettoso) sia di chi, con pregiudizio tipicamente laico, vedeva in tale tipo di fiction un’altra forma di ingerenza religiosa nella vita pubblica. Morale: la delicatezza del compito, la consapevolezza di sondare terreni non ancora sfruttati intensamente, il timore di non essere all’altezza portavano a produzioni di grande investimento non solo economico ma anche ideativo. Gli attori venivano scelti con attenzione e si calavano nell’interpretazione dopo averla studiata a lungo, la cura per la recitazione era un obiettivo primario, la scelta delle musiche ponderata, ogni artificio scenico doveva rispondere a un indirizzo emotivo vagliato nei dettagli. Non che venissero fuori dei capolavori, perché l’inevitabile manicheismo di ogni fiction religiosa rende impossibile il compito, ma la forza di impatto risultava notevole. San Pietro appartiene invece all’ultima infornata di produzioni a carattere religioso, che riescono ancora a fare ottimi ascolti, ma non a mantenersi del tutto all’altezza delle aspettative di qualità. Più lo guardavi e più avevi l’impressione di essere di fronte a un genere televisivo ormai di routine, con dialoghi sempre meno efficacemente evocativi dell’importanza del messaggio religioso, con una recitazione a tratti quasi svogliata e una regia spesso indecisa sulle scelte da prendere, come nella scena finale della crocifissione a testa in giù di Pietro, potenzialmente dirompente ma scivolata via con inquadrature sbrigative. Omar Sharif, con il suo charme seduttivo rodato per anni in ben altro genere di ambientazioni, non era forse il San Pietro più indicato, ma se l’è cavata con professionale diligenza accanto a pochi altri validi attori (Lina Sastri su tutti) scarsamente valorizzati nel contesto.

Va detto per completezza d’informazione che anche questa fiction religiosa ha comunque avuto la consueta benedizione delle autorità ecclesiastiche sempre più di bocca buona, compresa quella del cardinale Ruini, che si è detto soddisfatto della qualità del film e della nuova occasione di evangelizzazione.

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