Le enormi gru abbattono capannoni, stritolano pilastri infiniti, spostano macerie. Scompare sotto locchio della cinepresa di Ermanno Olmi una parte della storia operaia del XX secolo: le ex industrie siderurgiche Falck di Sesto San Giovanni nella Grande Milano. Testimone della fine di unepoca e artefice dellinizio di una nuova vita per la città è larchitetto Renzo Piano, al quale il Gruppo Immobiliare Zunino ha affidato lincarico della progettazione urbanistica dellex area Falck e la predisposizione del Masterplan.
«In architettura e urbanistica - spiega Piano - le scelte devono essere chirurgiche e non omeopatiche. Un architetto si allena a capire i fatti della vita, esplorando la città, ascoltando la gente, scoprendo il mondo, cercando la sfida con la scienza. A questo punto non mi sembra giusto occuparmi di ninnoli. Quando ero studente a Milano, negli anni 60, con Giancarlo de Carlo andavo di notte a fare le foto della Falck, già allora mi affascinava».
Sesto San Giovanni è un progetto di dimensioni importanti (un milione e mezzo di metri quadrati) e si propone di fornire risposte esemplari sul piano della vivibilità, della sostenibilità ambientale e della coesione sociale. Saranno utilizzate le più aggiornate tecnologie in fatto di trasporti, comunicazione, risparmio energetico, spazi e servizi pubblici. Un pezzo di città che andrà ad aggiungersi al tessuto esistente. Già, e le auto? «Bisogna smettere di ricondurre tutto al modello modernistico. Parlando di auto, per esempio, a Londra sto lavorando su unenorme area, e il sindaco Livingstone è daccordo nellavere soltanto 43 posti auto. Se mettessi 4000 posti auto non farei nulla di diverso da quel che si è sempre fatto. Bisogna tener conto dei modelli precedenti, ma la modernità deve essere una pianificazione del futuro, bisogna pensare le città in modo diverso. Per una visione sostenibile non cè bisogno di espandersi con nuove periferie, ma occorre trasformare le periferie in città, urbanizzando il tessuto industriale esistente».
Piano sostiene ridendo di addormentarsi e svegliarsi vedendo la faccia del sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini. «Ovviamente - spiega Oldrini - a Sesto cè enorme attenzione al progetto. Per ora siamo alla bonifica del terreno. Piano ascolta molto, e ha accettato alcune proposte. Progetta una città, perfino il cimitero non basterà più; gli asili nido passeranno da 8 a 15, sono cambiamenti radicali, arriveranno aziende internazionali in espansione, sarà una città diversa, sì di tradizione operaia, ma con una nuova classe media. Il nostro paese ha bisogno di assunzione di responsabilità e sullArea Falck tutti noi ce la stiamo prendendo». Sicuramente non teme le responsabilità Luigi Zunino il quale, dice Renzo Piano, «ha il coraggio di Napoleone». Zunino sostiene che «lunica strategia per riuscire è non far parte di cordate, mantenere il controllo per mantenere la qualità dei progetti. Bisogna saper non scivolare sugli eccessi pur avendo coraggio».
Il cittadino del mondo Renzo Piano, che ha lasciato un forte segno architettonico dalla Nuova Caledonia al Giappone, dalla Francia allAmerica e allAustralia, è legatissimo allItalia e ci tornerà sempre più spesso. Infatti nel prossimo futuro cè anche Genova, la città dovè nato nel 1937, con il progetto per il nuovo assetto del Porto. In realtà chiamarlo Porto è riduttivo. Anche qui Piano non si occuperà di «ninnoli», ma cambierà la faccia del capoluogo ligure. Camminando davanti allenorme plastico che copre unintera porzione di parete alla Biennale di Architettura a Venezia, racconta con passione: «Conosco questi posti in ogni dettaglio, dalla terra e soprattutto dal mare. Ho passato la vita andando avanti e indietro in barca a vela. È qui che venivo con la mia prima barca di 7 metri, e nel tempo con quella di 9 e poi di 12. So da che parte arriva il vento ad ogni ora del giorno, dove sono gli scogli. Genova fa parte della mia storia più personale».
Il plastico verrà donato al Museo del mare di Genova...
«Questo plastico era chiamato in origine laffresco, un affresco che come nella tecnica pittorica concede tentennamenti e pentimenti. Con tale complessità di realtà era giusto che così fosse, ma adesso per me è un pre-progetto, il progetto di Genova come dovrebbe essere. In fondo lho sempre vista così. Sono ottimista e ho grandi speranze, per la città e per il porto, perché per la prima volta si affronta il problema in modo compatto e consensuale, anche politicamente. Politico viene da polis, città... Mi sento un po come i marinai che un tempo venivano imbarcati con o senza diritto di mugugno. Sono pronto per limbarco».
Una recente statistica dice che Genova è la città più «vecchia» del mondo. Ha senso progettare per luoghi che non ringiovaniscono demograficamente?
«Genova rappresenta in un certo senso lEuropa. Certo, America e Cina sono più giovani, ma il problema è solo lenergia, che non dipende dal tasso di crescita. Nel siglo de oro, il 600, non credo che lindice di natalità genovese fosse altissimo, ma lenergia mentale sì, ed è quella che va ritrovata. Se si guarda la carta dellEuropa, Genova è al centro dellEuropa di oggi, pur essendo in mare. Quindi ha un destino importante, legato ad un tipo di scambio, quello marittimo, molto moderno, come quello ferroviario. Certo, trasporti ecologicamente corretti, ma in una logica di crescita sostenibile lo scambio marittimo è antico e moderno insieme. Questo progetto rappresenta speranze e proiezioni, il Waterfront coniuga la città con il porto, testimonia una visione positiva e realistica del futuro di Genova».
Laeroporto verrà spostato in mare, i terminal saranno a terra, non è avveniristico per lItalia?
«In realtà è il risultato di progetti già realizzati con la stessa équipe di ingegneri in Giappone: la stazione sarà a terra, uno scambio cittadino, mentre laeroporto vero e proprio sarà sul mare, il trasporto avverrà sottacqua solo per gli ultimi 100 metri».
«Genova per noi», recitava la canzone. E Genova per lei?
«Larchitetto è cittadino del mondo. Mi sentivo berlinese dopo nove anni a Berlino, mi sentivo newyorkese a New York e francese a Parigi. È nel nostro destino calarsi nella scena, ascoltare e assorbire i luoghi, ma sicuramente cè qualcosa che nasce dal profondo. Genova per me è ispirazione di linguaggio, la mia istintiva voglia di leggerezza e sospensione ha a che fare con il porto, con i carichi sospesi, con le navi in movimento e con i riflessi dellacqua. Quando mi hanno chiesto questo progetto nellanno di Genova Capitale della cultura, nel 2004, ho accettato senza mugugni, non lavrei fatto per unaltra città».
Qualche polemica cè stata, però...
«Ascoltare non significa ubbidire. Larchitetto ha il dovere di capire per poi tirare le somme, ma ascolta nellinteresse dei più».
Piano ha in cantiere grandi progetti in tutto il mondo, inclusa la nuova sede del New York Times a New York, ma le scelte non sono sempre dettate da budget stratosferici. «Quando accettai di realizzare la sede del Sole-24 ore a Milano, lo feci perché mi interessava la trasformazione, la città che si completa. Lì cera una fabbrica che si trasformava in un edificio editoriale.
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