Una Repubblica fatta solo di illusioni

La crisi della Repubblica ha pervaso ormai l'intero sistema, dagli angoli più remoti fino al cuore dello Stato. Nulla ormai funziona: parlamento, governo, amministrazione pubblica, giustizia... Agli occhi di tutti balza ormai, con sempre maggiore evidenza, la distanza tra quello che si dice e quello che si fa; tra le regole a cui ci si richiama in alto loco, e i comportamenti della classe dirigente che dovrebbe guidare il Paese; tra le istituzioni che presidiano la democrazia e l'effettivo esercizio del potere.
Guardate il deprimente spettacolo politico di queste ore. La maggioranza di centro-sinistra di fatto non esiste, e il governo non tiene sotto controllo neppure la legge finanziaria che dovrebbe regolare la vita di sessanta milioni di cittadini. Le fiducie a raffica passano solo per il voto dei senatori a vita che, certo, hanno per Costituzione lo stesso peso degli altri membri eletti, ma che con tale condotta danno il segno della estrema precarietà politica di tutta la baracca. Non parliamo poi dei gruppetti che votano «sì» al governo e si affrettano a dichiarare che sarà l'ultima volta.
A fronte di questa politica che ha perso ogni dignità, si contrappone l'incessante richiamo del Presidente della Repubblica ad affrontare il drammatico momento con spirito unitario e responsabilità istituzionale. Un giorno ammonisce che non si possono fare le leggi come panini imbottiti che mostrano solo la faccia esterna mentre nascondono le porcherie interne. Un altro richiama il Parlamento a «togliere le rughe» alla Costituzione che ha sessanta anni. E in diverse occasioni non si stanca di condannare i chiacchiericci inconsistenti sulla riforma elettorale invocando l'accordo tra maggioranza e opposizione intorno a nuove regole elettorali che consentano agli italiani di esprimersi rapidamente su chi li debba governare.
L'impressione di fondo, però, è che tante buone parole istituzionali volano via con il vento senza alcun risultato. Ieri perfino il presidente del Consiglio Prodi, ripetendo per la ennesima volta il ridicolo ritornello secondo cui sta lavorando per governare fino al 2011, ha recitato la commedia dell'ottimismo a piene mani. E l'ineffabile presidente della Camera Bertinotti, dopo avere sabotato tutti i progetti di modernizzazione del Paese, ha dichiarato che si rischia una deriva drammatica se non si realizza una stagione di riforme.
L'elencazione delle schizofrenie istituzionali potrebbe proseguire. Si prenda solo il caso della moltiplicazione delle intercettazioni telefoniche e della proliferazione delle rivelazioni scandalistiche, sistematicamente accompagnate dall'invocazione di leggi più dure che non trovano alcun seguito se non nei titoli dei giornali, e si rifletta sul fatto che non si tratta altro che di grida manzoniane lanciate per ingannare tutto e tutti.
È vero che occorrerebbe un sussulto istituzionale. È vero che sarebbe più che mai necessaria l'unità nazionale intorno alle regole. È vero che urge un adeguamento istituzionale che dia anche al nostro Paese l'efficienza delle altre grandi democrazie occidentali. È vero che si dovrebbe approvare una legge elettorale che metta fine alla proliferazione infinita dei gruppetti partitici e restituisca ai cittadini la scelta dei rappresentanti.


Ma non si può continuare all'infinito a proclamare aspirazioni che restano sulla carta, a produrre illusioni che prendono in giro i cittadini, a fare richiami istituzionali che non hanno effetto. Quando la distanza tra la realtà e l'illusione si allarga, la schizofrenia pervade tutto il sistema, e la Repubblica è condannata al triste tramonto.
Massimo Teodori
m.teodori@mclink.it

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