Repubblica, ultima bufala Spunta l’eroe antiatomico Ma invece era un sindaco

Il quotidiano dà voce a un operaio di Fukushima: "Riflettere sul nucleare". Ma un giornale Usa: quell’uomo in realtà fa il sindaco

Repubblica, ultima bufala 
Spunta l’eroe antiatomico 
Ma invece era un sindaco

Roma - Troppo commuovente, una storia perfetta per un film, l’operaio che si immola e si getta in mezzo alle radiazioni per salvare gli altri. E che poi, ormai fosforescente, ci ammolla pure la predica sui rischi del nucleare (un chiodo fisso per la Repubblica di Sorgenia spa, energie rinnovabili). Tanto struggente, l’eroismo di mister Futoshi Toba, da sembrare una bufala. Anzi, da essere proprio una bufala atomica. Dopo i sospetti sollevati da molti blogger italiani, il fake (falso) di Repubblica ha attraversato l’oceano ed è finito su The Atlantic, storico magazine fondato a Boston nel 1857. Si cita un pezzo di Repubblica del 19 marzo, corrispondenza dal Giappone, con dieci storie toccanti di eroismo, tra cui - la più emozionante - quella del signor Toba, presentato come un «operaio di 59 anni», «perseguitato da una violenta bronchite cronica», «senza figli» ma con tanto coraggio da sacrificarsi per cercare di fermare le fughe radioattive dentro la centrale di Fukushima. «Hanno chiesto chi conoscesse il reattore 4 e vedendo i ragazzi che avevo vicino, ho risposto che io sapevo tutto. Ho capito che il mio destino era compiuto e che dopo anni vani avevo l’occasione di dare un senso alla mia vita», ha raccontato Toba a Repubblica. Poi, come spiega il sito Linkiesta, la storia è stata ripresa da Massimo Gramellini a Che tempo che fa. Non solo, qualcuno ha aperto anche un blog, futoshitoba.blogspot.com, presto rimosso. Forse perché nel frattempo era emersa una serie di stranezze in quel pezzo, soprattutto sul conto di questo mister Toba, che finiva la sua testimonianza con una frase da disaster movie: «Prego il mio Paese di riflettere se questa (il nucleare) è la strada giusta per assicurarci un futuro».

Ecco, sarebbe stato bellissimo e commovente, se fosse stato vero. Peccato che invece, come scrive The Atlantic, «probabilmente nessuno di voi (lettori americani, ndr) ne avrà sentito mai parlare». Il motivo è che «bastano pochi secondi su un motore di ricerca per vedere che di questa storia si è parlato solo in Italia. E che invece la stampa internazionale, tutta quanta, dice che Futoshi Toba è il sindaco di Rikuzentakata, una cittadina colpita dallo tsunami». Non un operaio, non un 59enne senza figli e con bronchite, niente di quel che Repubblica ha raccontato. Dunque, una bufala. Ma perché, si chiede il magazine Usa, che cita un altro caso di bufala all’italiana, le finte interviste a Philip Roth, John Grisham, Gunter Grass e altri fatte (meglio, inventate) dal freelance Tommaso Debenedetti. «Perché a tutti piacciono gli eroi, e gli eroi devono avere un nome», anche a costo di inventarli, scrive The Atlantic nell’articolo significativamente titolato «The Italian Press's Tradition of Fake Interviews».

Non è la sola incongruenza che si è letta su Repubblica a proposito dello tsunami giapponese. Due esperti di Giappone, Marco Del Bene (Università La Sapienza) e Yukari Saito (Università di Pisa), hanno lamentato sui blog lo «sciacallaggio giornalistico oltre a ogni limite di tolleranza» del quotidiano di Ezio Mauro, che avrebbe esasperato i toni da apocalisse atomica seminando «imprecisioni» e dati falsi (chi vuole approfondire vada su freddynietzsche.com). Lo «sciacallaggio» giornalistico ha convinto i promotori di JPQuakebook, un libro che raccoglie tramite web le storie delle vittime (per donare i ricavi alle famiglie) a creare un «Muro della vergogna giornalistica» (Journalist Wall of Shame). Dove, guarda un po’, Repubblica gode di moltissime citazioni.

Pezzi dove si «spaccia l’allarmismo» (fear monger), un articolo («Tokio capitale in agonia», del 20 marzo) che è «dall’inizio alla fine un pezzo di fiction apocalittica», dove si riporta la «rabbia contro il governo» ricavata, però, solo dalla testimonianza di una singola persona, mentre altre “informazioni” non indicano la fonte o la attribuiscono in modo vago». Insomma, bufale. E molto radioattive.

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