Richard Texier, l’arte delle intuizioni

Per comprendere meglio l’anniversario artistico di Richard Texier, del quale la Galleria San Carlo (via Manzoni, 46) presenta le Opere recenti, basterà riflettere un attimo sui suoi atelier, ovvero i luoghi deputati dove egli pensa, immagina, crea. Il principale è una vecchia fabbrica di ingranaggi sulla Butte au Cailles di Parigi, poi c’è l’ex magazzino abbandonato dei Quai de la Gare, sul Lungo Senna che fronteggia la Grande Bibliotheque, lo studio sull’Ile de Ré, il faro di Corduan in mezzo all’Atlantico, le stanze del Lehing Building, l’edificio-piroscafo nel cuore di Manhattan...
Texier è insomma un pittore-scultore-incisore affascinato dal mare e dal viaggio, dalla spazialità e dal tempo, da una sorta di instabilità. Non per nulla il primo saggio che venne dedicato alla sua opera, negli anni ’80, si intitolava Le droite de épave, ovvero il diritto del relitto, la sua giustezza, la sua ragion d’essere; non per nulla la definizione più appropriata del suo essere artista è quella di un critico come Gérard Barrière, «pittore del litorale», dove con questa parola si fotografa una realtà geografica, il luogo dove il mare si frange e si ritira, e simbolica, l’abbondono delle cose e la loro mutazione, la meraviglia del cambiamento incessante, il suo infinito mutare.


La filosofia di Texier è racchiusa nella formula «Voglio essere un artista del futuro o del passato, non del presente» e in quello che può essere il suo manifesto visivo: una figura umana tronca, ovvero l’uomo che torna a essere intelligente quando perde la testa, pensa il mondo con il suo istinto, le sue intuizioni, il suo cuore.

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