Rifondazione scarica la giunta Penati: "Ha scelto di stare con i poteri forti"

Crisi a Palazzo Isimbardi, si dimettono tre assessori del Prc: «Favorisce la cementificazione selvaggia». Il presidente della Provincia ammette: «È la fine di una stagione politica» Podestà: "Finta elettorale, a braccetto se conviene"

Rifondazione scarica la giunta Penati: 
"Ha scelto di stare con i poteri forti"

È costretto ad ammettere che «una stagione politica è finita». Lo ripete, quasi non ci credesse. Ma, stavolta, carta canta e le lettere degli assessori di Rifondazione raccontano «le dimissioni dall’incarico» perché, lui, ha «disatteso gli impegni presi». A cinquanta giorni o poco più dal voto per il governo della Provincia di Milano, Filippo Penati perde tre assessori di peso: Giansandro Barzaghi (Istruzione e edilizia scolastica), Irma Dioli (Sport e giovani) e Bruno Casati (Lavoro, Crisi e Patrimonio). E lascia anche Ombretta Fortunati (consigliere con delega alle Disabilità).
Fuori dalla maggioranza perché «Penati e il Pd non mantengono i patti». Come dire: «Facciamo le valigie perché non ci sono più le condizioni minime di fiducia» (Barzaghi), «è il presidente della Provincia ad aver scelto la parte che noi strenuamente combattiamo» (Dioli). Giudizi che Antonello Patta, segretario provinciale Prc, così sintetizza: «Penati, ha scelto di stare con i "poteri forti", con gli speculatori della cementificazione selvaggia». Sì, l’inquilino uscente di Palazzo Isimbardi sarebbe uno degli attori del «sacco di Milano»: dopo aver «deliberatamente» ritirato - come ripetono all’infinito gli esponenti di Rifondazione - dal voto dell’aula consiliare quel «Piano territoriale di coordinamento provinciale che poneva vincoli sugli ambiti agricoli del Milanese». Vincoli, spiega Patta, considerati da Penati «non un valore per la difesa ambientale di un territorio già devastato dal cemento». Insomma, «di fatto, Penati, si è reso impermeabile alle istanze dei cittadini e permeabile alle richieste dei grandi poteri finanziari che vedono nell’Expo un’occasione di affari ai danni della gran parte degli abitanti di quest’area metropolitana».
Virgolettati di chi con Penati ha condiviso cinque anni di amministrazione provinciale e che, secondo il presidente, sarebbero stati cinque anni di lavoro «mantenendo tutti gli impegni». Ma i «risultati» non si sono visti, ribatte Bruno Dapei (Fi): «Penati sarà ricordato per aver sprecato denaro pubblico, per non aver costruito un metro di autostrada, per avere malgovernato la Provincia di Milano e di averla costretta a una lenta, lunga agonia». Accanimento terapeutico vissuto, aggiunge Giovanni De Nicola (An) «dall’aula consiliare, dove ogni seduta è stata un teatrino dell’assurdo, un costoso teatrino con Penati a incassare gli schiaffoni dei suoi pasdaran pur di mantenersi attaccato alla poltrona».
Fotografia impietosa ma scattata pure da Piero Maestri (Sinistra critica) che parla di «fallimento politico», mentre Fabio Meroni (Lega) si dice certo che «gli elettori sapranno bocciare Penati» per «ridare credibilità» a Palazzo Isimbardi.

Che, in soldoni, vede ancora Penati al governo insieme al partito del «no»: «Verdi e Sinistra democratica saranno oggi ancor più determinanti per la sopravvivenza politica di Penati» sostiene il Pdl. Risultato? «No alla BreBeMi, no al termovalorizzatore e no anche ai soldi della sicurezza». Finale di non governo che è, ancora, uno schiaffo per i milanesi firmato Penati.

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