Per l'Economist il prossimo futuro potrebbe essere caratterizzato dall'«economia della scarsità». A mancare non sono solo terre rare o «minerali critici», ma materiali (e servizi) a cui fino a qualche tempo fa non si badava quasi. I prezzi dei metalli si sono impennati praticamente tutti: dallo stagno all'alluminio, fino allo zinco. Negli ultimi giorni è letteralmente impazzito il mercato del rame con quotazioni raddoppiate rispetto a poco più di un anno fa. Quanto ai servizi anche i costi dei noli marittimi hanno fatto «boom» e tale è l'affollamento di fronte a porti e banchine che in molti casi è impossibile trasportare merci a prezzi economicamente gestibili dagli operatori.
Gran parte dello sconquasso è legato alla ripresa post-Covid: dopo lunghi mesi di inattività, il rimbalzo, anche dei commerci globali, è stato tale da scombussolare le consuete condizioni di operatività dei mercati. Basterà aspettare qualche mese per veder normalizzare le fibrillazioni attuali. Ci sono due elementi che, però, secondo gli analisti potrebbero mettere a rischio la normalizzazione: il primo è legato al processo di decarbonizzazione ormai in atto in tutto il mondo avanzato: l'abbandono dei combustibili «fossili» legato ai timori per il riscaldamento climatico ha contribuito a un aumento dei prezzi dell'energia (e in particolare del gas) che rischia di frenare la corsa dell'economia. Il secondo possibile intralcio è invece costituito dall'atteggiamento protezionistico di molti governi (l'esempio è la guerra dei dazi tra Usa e Cina) che rischia di vanificare o quanto meno ridurre i benefici del commercio internazionale.
C'è chi ha sollevato il timore (facendo leva sul recente aumento dei prezzi ed equiparando il gas di oggi al petrolio di ieri)
di un ritorno alla stagflazione (stagnazione e inflazione) degli anni '70. Ma qui gli analisti dell'Economist hanno invitato alla cautela: il mondo è troppo diverso (e interdipendente) perché si ripetano i guai di allora.
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