Rissa in aula dopo il "tradimento"

Il senatore vota Prodi. Poi sviene sul banco dopo l'aggressione del collega Barbato, accusato di avergli sputato: "Venduto, cornuto, accattone". La rabbia del capogruppo Fabbris: "E' una coltellata"

Rissa in aula dopo il "tradimento"

Roma - Il discorso del senatore Nuccio Cusumano è in una cartellina di color rosa pallido, righe tormentate da cancellature. Un intero pezzo soltanto all’ultimo momento viene tagliato da due freghi nervosi di biro. Il senatore non si decide, salta il turno e, quando riprende coraggio, va a sedersi tra i banchi dei Verdi. Il «tradimento» tanto atteso da Romano Prodi si è già consumato, e il premier con ghigno beffardo, a braccia incrociate, ascolta il ritorno del figliuol prodigo.

Ma non ci saranno vitelli grassi a compensarlo. Piuttosto una di quelle scene psico-drammatiche che non nobilitano l’aula di Palazzo Madama. Cusumano cerca di dare un profilo alto al suo discorso, prendendola alla larga e citando persino De Gasperi. Il senatore non è di quegli oratori brillanti, si sa, e l’emozione di voltare le spalle a Mastella fa il resto. «È stata la sua prima volta - commenterà Mauro Fabris -, Cusumano era uno che se Mastella diceva che c’è un asino che vola, lui lo vedeva veramente». La settimana scorsa era corso tra i primi a Ceppaloni e al cospetto di donna Sandra era scoppiato in lacrime. «Mezz’ora aveva pianto lei, un’ora lui», racconta uno dei presenti.

Quando arriva al dunque del discorso più lungo della sua storia, Cusumano è ormai stremato e la prosa langue senza filo logico. «Per cui scelgo in solitudine - il suo grido strozzato -, scelgo con la mia libertà, con la mia coerenza, senza prigionie politiche, ma con l’esaltante prigionia delle mie idee, della mia probità, scelgo per il Paese, scelgo per la fiducia a Romano Prodi e al suo governo!». È troppo: Tommaso Barbato, il terzo dei senatori mastelliani, è già sotto il banco e inveisce: «Venduto, cornuto, accattone», le frasi riferibili. Arriva da altri banchi anche un terribile «Checca flaccida», mentre Barbato tenuto dai commessi cerca inutilmente di arrivare a sputare verso l’ex amico. Cusumano è stravolto, si copre il viso squassato dal pianto, e lentamente si accascia: «Sto male sto male». Lo distendono sui banchi, si precipita il senatore cardiologo Marino a slacciargli cravatta e cintura.

«Non vi preoccupate, tanto sviene sempre», minimizza Barbato ancora furente mentre sorseggia una camomilla alla buvette. Il «tradimento» incentivato da Prodi lo rende incontenibile: «Mastella l’ha tirato fuori dalla m... È un accattone continuo, un siciliano eletto con i nostri voti in Campania. È un pezzo di m... Senza un briciolo di dignità, chissà per che cosa s’è venduto». Anche l’onorevole Mauro Fabris non se ne fa una ragione: «È stata una coltellata... Dodici anni di vita politica vissuta gomito a gomito... Sempre assieme, dalla prim’ora dell’Udeur, e lui sempre a dire di sì, mai un dissenso da Clemente che l’ha tutelato fino allo spasimo, proprio per le sue vicende giudiziarie...».

Paracadutato in Campania come numero due, Cusumano è entrato in Senato soltanto perché Mastella aveva optato per il seggio ottenuto in Calabria, lasciando a terra il senatore uscente Nicodemo Filippelli. «Mi sembra incredibile - si sfoga ancora Fabris -, ancora ci sfuggono le ragioni. Negli ultimi giorni gliel’abbiamo chiesto, senza avere da lui uno straccio di risposta credibile. Non ci sembra possibile che abbia detto di sì a Prodi soltanto per quel posto concesso all’assistente dall’Agencontrol». Quando i fedelissimi di Mastella avevano avuto sentore dei cedimenti di Cusumano alle avance prodiane, avevano inutilmente tentato di convincerlo. «Avrebbe potuto fare quello che voleva, in fin dei conti. Astenersi, pure votare sì, ma non tradendo in maniera così plateale il suo salvatore», rincara la dose Barbato. Ieri sera Mastella lo ha infine chiamato personalmente, per verificare quanto ci fosse di vero delle voci che davano ormai per riconquistato da Prodi il voto. Ancora una volta Cusumano s’è fatto piccino piccino di fronte al Capo. Il suo tremebondo: «Sì, Clemè, però ti volevo dire...» ha fatto saltare i nervi a Mastella. «È stata un’eruzione del Vesuvio...», racconta uno dei presenti. Ieri sera, a mente fredda, l’inClemente verdetto di espulsione dal partito per «indegnità politica».

Per Mastella, un altro pezzettino di cuore che se ne va: «Che atroce tradimento... L’ho candidato con me in Campania: aveva il 416 bis e l’Ulivo non lo voleva. Mi aveva giurato gratitudine umana per sempre...». Promesse non di questo mondo.

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