Riti satanici su Miriam, i referti riaprono il processo

Il Pm ricorre in appello contro l'assoluzione dei coniugi imputati: «Credibili le accuse, lo dicono le perizie dei medici»

Riti satanici su Miriam, i referti riaprono il processo
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«Il potere dell'altro su di lei è totale e indiscutibile, potere di vita e di morte attraverso forme di pensiero magico»: questa è la diagnosi degli psicologi che su incarico della magistratura visitarono Miriam, la giovane donna che sostiene di essere stata oggetto per oltre dieci anni di stupri di gruppo e di riti satanici. È una diagnosi che sembra escludere che Miriam possa essersi inventata tutto. Ed anche il referto medico fa parte ora degli elementi che porta la procura della Repubblica di Milano a dare battaglia contro la sentenza con cui il 27 ottobre scorso sono stati assolti Fabio Bertini e Rosa Stevenazzi, i due coniugi varesini indicati dalla donna come i principali responsabili delle violenze ai suoi danni.

La sentenza che ha assolto i due imputati dice che Miriam non è credibile, che si è inventata le violenze carnali, le torture, i sequestri, e anche la terribile scena in cui, dopo uno stupro di gruppo, i suoi persecutori le ricuciono la vagina con ago e filo, come a sottolinearne il possesso. Secondo il giudice preliminare Sofia Fioretta, i verbali di Miriam sono privi di qualunque riscontro e pieni di inverosimiglianze e contraddizioni. Secondo il pubblico ministero Stefano Ammendola ad essere inverosimile è invece lo scenario ipotizzato dalla sentenza: seguendo la motivazione del giudice, scrive il pm, Miriam sarebbe una mitomane «che si diletta a cucirsi la vagina da sola come forma di autolesionismo, che si picchia con corpi acuminati e riesce a farsi tagli a forma geometrica dietro la schiena oppure si fa prendere a calci da soggetti terzi consenzienti».

Delle violenze subite da Miriam secondo la Procura - che aveva chiesto per Bertini e la Stevanazzi otto anni di carcere per i reati di violenza carnale e riduzione in schiavitù - i riscontri più chiari sono i referti ospedalieri. Dei sequestri cui i due l'avrebbero sottoposta, dopo averla rintracciata dopo la sua fuga, la conferma sono anche i rapporti dei carabinieri arrivati a liberarla dopo una richiesta d'aiuto: «Gli scriventi riscontravano la presenza della donna all'interno del locale parruccheria collegato tramite una scala a chiocciola... la stessa veniva trovata al buio, in stato confusionale ed impaurita».

Tra gli elementi che avevano portato il giudice a assolvere per insufficienza di prove la coppia varesina c'era anche la decisione di Miriam di non presentarsi in aula a farsi interrogare. Se la donna ha davvero subìto quel che racconta, dice il giudice, aveva tutto l'interesse a venirlo a ripetere in aula. Ribatte il pm: Miriam è «un soggetto vulnerabile che non vuole sottoporsi a una vittimizzazione secondaria».

A dimostrare la credibilità della donna, secondo il pm «sono emersi importanti elementi che collegano la famiglia Bertin a soggetti legati al mondo del satanismo»: dietro l'apparenza da integralismo cattolico, con Radio Maria accesa in continuazione, la casa della coppia era secondo il pm la base operativa di una setta di adoratori del demonio, nelle cui grinfie Miriam era finita ancora minorenne, per venire poco dopo messa incinta da Bertin. La parola ora passa alla Corte d'appello.

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