Il ritorno al Futurismo riparte da Balla

Duecento tra oli, disegni, sculture e bozzetti dall’esperienza divisionista agli anni Venti del ’900

Nell’ambito delle iniziative milanesi e nazionali dedicate al Futurismo, del quale nel 2008-2009 cade il primo centenario, il Comune di Milano ha già pronta la sua «perla». Infatti, sarà all’insegna di Giacomo Balla (Torino, 1871–Roma, 1958) e del futurismo anche la grande stagione delle mostre di Palazzo Reale di quest’anno. Il 14 febbraio si inaugurerà infatti «Giacomo Balla. La modernità futurista», una grande rassegna - più di 200 opere in mostra - che rappresenta la prima dopo quella che negli anni Settanta fu organizzata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e in assoluto una novità per Milano le cui «preferenze» artistiche erano finora andate verso il concittadino Boccioni, l’altro nume tutelare del movimento fondato da Marinetti ormai un secolo fa.
L’esposizione è stata presentata dall’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi con un forte anticipo sulla data fissata proprio per evitare quella che lui ha ironicamente definito «la corsa alla Petrolini» con cui soprattutto i quotidiani si esibiscono nei giorni immediatamente precedenti l’evento per cercare di bruciarsi vicendevolmente sul tempo.
Curata da Giovanni Lista, Paolo Baldacci e Livia Velani, e allestita dall’architetto Daniela Volpi, la retrospettiva si muove lungo un triplice binario: riproporre l’opera di uno dei grandi protagonisti di quella stagione; fare «un’invasione di campo», appunto, nella «patria culturale boccioniana per eccellenza»; e verificare la modernità assoluta e la fortuna di cui gode Balla presso gli artisti contemporanei.
È anche per questo che si è voluto prendere in esame non solo e non tanto il futurismo storico e in qualche modo classico, ovvero quello che va dal Manifesto di Marinetti fino allo scoppio della Grande Guerra, ma anticiparlo all’inizio del secolo, quando Balla si muove ancora in una prospettiva divisionista, e prolungarlo sino a tutti gli anni Venti, quando nel nome della pluridisciplinarietà sperimentale il suo studio d’artista divenne il centro propulsore e il punto di riferimento dell’avanguardia italiana.
Sarà insomma l’occasione per vedere un corpus imponente di opere che comprende oli, tempere, pastelli, acquerelli, disegni, assemblaggi e sculture, compresi i bozzetti per i costumi teatrali, la scenografia e la moda, le opere di arte postale, le tavole parolibere e i manoscritti. Divisa in cinque sezioni, «Divisionismo e visione fotografica», «Analisi del movimento», «Ricostruzione futurista dell’universo», «Arte-azione futurista», «Energia e sensazioni», la mostra racconta la vicenda intellettuale di un artista che volle e seppe essere totale e che, per quanto entrato a posteriori nel futurismo, quando cioè il programma della nuova pittura era stato già formulato da Boccioni nel nome di un divisionismo del colore e della forma messo al servizio della modernità, seppe egualmente arricchirlo, reinterpretarlo, e per molti versi farlo completamente proprio. Basterà ricordare il suo studio del movimento su temi incorporei come il raggio luminoso e la velocità, che sarà alla base di un capolavoro come Automobili in corsa (velocità più luci) del 1912 del Museum of Modern Art di New York e finora mai esposto in Italia. Oppure il superamento della bidimensionalità della tela dipinta, ottenuto inserendo nei suoi quadri collage di carta stagnola, carte colorate, lamiere, nel nome di una «ricostruzione futurista dell’universo» che verrà poi teorizzata nell’omonimo manifesto firmato nel 1915 con Depero.


Dall’oggetto quotidiano all’abito, a qualsiasi elemento strumentale ripensato secondo i canoni formali del futurismo, all’idea, addirittura, di una natura interamente ricreata dall’uomo di cui sono un esempio i suoi «fiori futuristi», Balla fu il pittore-militante di un’arte-azione che avrebbe dovuto forgiare i valori della nuova Italia post-unitaria, con una lettura del mondo che, negli anni Venti assumerà sempre più una chiave energetica, non in nome della meccanica e della tecnologia, ma in quello vitale dell’energia della natura e della mente, sempre e continuamente sorretto da una tensione ideale verso un’Italia più grande e più bella. Una mostra, insomma che è insieme una rivelazione e una rivincita postuma.

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