La rivoluzione Charlier: per salvare la moda tre stagioni in una collezione

Lo stilista che cambia le regole: «Mi ispiro alle foto di Hamilton E uscire ogni tre mesi non fa pensare»

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Dicono che per fare una vera rivoluzione ci vuole un avventuroso che resti a casa. Lo stilista Cédric Charlier, 38 anni, titolare del marchio eponimo prodotto e distribuito dal Gruppo Aeffe di Alberta e Massimo Ferretti, nel suo piccolo ha rivoluzionato i calendari internazionali della moda andando a sfilare a New York qualche giorno fa invece che a Parigi il prossimo ottobre.

In poche parole Charlier con un'unica collezione alimenterà tre tappe differenti nelle consegne ai negozi guadagnando tempo e risparmiando denaro rispetto a chi continua a pensare che sia necessario sfilare in autunno e primavera le cosiddette main collection mentre per le pre collezioni gli appuntamenti sono giugno e dicembre/gennaio. La questione sembra di lana caprina, ma è come se una squadra di calcio decidesse di giocare il campionato fuori dalle date stabilite dalla Lega restando comunque in gara per la Champions League.

«Uscire ogni tre mesi con una nuova collezione significa non avere uno spazio per vedere cosa succede nel mondo e riflettere. Bisogna alimentare la creatività, altrimenti prima o poi finisce» dice alla vigilia della sfilata newyorkese. Inevitabile chiedergli perché ha scelto di andare nella grande mela visto che si presenta dichiarando: «Sono profondamente belga, lavoro con un gruppo italiano e vivo da 15 anni a Parigi». Comincia così un serrato botta e risposta con uno dei più interessanti tra i nuovi talenti della moda.

La sua storia in poche righe...

«Sono nato a Gerpinnes pré a Charleroi, una cittadina nel cuore della Vallonia. Ho studiato alla scuola francofona di arti multiple La Chambre di Bruxelles e nel 1998 ho vinto il concorso per giovani stilisti di LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy, ndr). Così mi sono trasferito a Parigi. Per due anni ho lavorato da Celine con Michael Kors, poi altri due con Jean Paul Knott e un po' più di sei con Alber Elbaz da Lanvin».

Mica male come apprendistato. Cosa ha imparato dai suoi maestri?

«Michael è un creativo con una visione a 360 gradi sul business: bravissimo. Comunque il mio sogno era lavorare con Yves Saint Laurent ma quando ho cominciato io lui ha smesso. Così ho cercato e trovato gente che l'ha conosciuto bene. Knott ha disegnato la collezione YSL Rive Gauche alla fine degli anni Novanta e Alber era il suo delfino. Lavorare da Lanvin con lui è stata un'esperienza incredibile: l'equipe si sedeva attorno a un tavolo da cucina e lì tutti insieme facevamo quel che si doveva».

A cosa si è ispirato per questa collezione?

«Alle foto di David Hamilton tra la fine degli anni Sessanta e Settanta per il lato romantico e leggero dei capi e al tailoring sartoriale del glam rock di David Bowie, Lou Reed, Debbie Harris. Ho una vera passione per i contrasti. In questi vestiti il romanticismo del punto smock e dei volant convive con la precisione delle linee ergonomiche e molto accostate al corpo».

A lei piace molto il blu, ma stavolta

ha usato molti colori forti, come mai?

«Il blu rende la gente più bella: parla per così dire a tutte le pelli. Il colore ci vuole in un momento grigio dove si tenta di soffocare la creatività sull'altare della velocità».

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