Robbe-Grillet, padre del «noveau roman»

Sembrerà strano. Alain Robbe-Grillet - che sceneggiò l’algido e oscuro L’anno scorso a Marienbad per Alain Resnais (leone d'oro nel 1961) - era persona cordiale e chiara. Ci si divertiva con lui più che con i suoi film, anche quelli che poi lui stesso avrebbe diretto (L’immortale, Trans-Europe-Express, L'uomo che mente, Spostamenti progressivi del piacere, Oltre l'Eden, Giochi di fuoco), e con i suoi romanzi, pubblicati a partire dal 1953: Le gomme, Il guardone, il manifesto Una via per il romanzo futuro, La gelosia, Nel labirinto, La casa degli incontri, Manifesto per una rivoluzione a New York, Ricordi del triangolo d'oro, Topologia di una città fantasma, l’autobiografico Lo specchio che ritorna, Djinn (in Italia sono editi per lo più da Einaudi).
Vorrei dire che film e libri gli sopravvivranno, perché lui, nato a Brest nel 1922, s’è spento ieri. Ma i libri in particolare gli erano pre-morti, come accade a ciò che non supera il muro fra moda di un paio di decenni e stile di un’epoca; i film sembrano meno datati, ma solo perché nessuno, nemmeno allora, li prese più che per un divertimento. Si sarebbe detto di loro che erano «beffardamente fumettistici» che «la riflessione sul ruolo del montaggio, sulla concatenazione delle sequenze, sulla capacità delle immagini di mettere sullo stesso piano il mondo reale e quello onirico, vi acquistava un nuovo determinante rilievo». Insomma, o si stava al gioco della presa in giro, magari godendosi uno dei vari, ma continui nudi, notevoli se di Sylvia Kristel o Anicée Alvina, perché Robbe-Grillet sapeva scegliere i corpi da esporre.
Negli ultimi tempi Robbe-Grillet accettava di andare in giro come mausoleo ambulante di se stesso. Aveva l’aria di saperlo, e di infischiarsene: in fondo s’era divertito molto più della media degli altri agronomi di Brest, grande porto, che si trovassero ad aver vent’anni quando la Francia era occupata. Il suo non prendersi sul serio ne rivalutava l’ingegno. Per lui e gli altri artefici del «nouveau roman» o «école du regard», come Michel Butor e Natalie Sarraute, valeva ciò che Cicerone diceva degli aruspici: «Ma come fanno a non ridere incontrandosi?».


Anni fa Robbe-Grillet accettò l’invito in Italia da parte del premio Grinzane-Cinema. E pocò mancò che ponesse il quesito non solo a me, ma al pubblico. Solo una cosa lo frenò: che i devoti non avrebbero capito. Era troppo semplice.

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