Ambulanze al palo in attesa della restituzione delle barelle. Nel girone infernale del servizio sanitario regionale succede anche questo. È l’ennesimo prezzo da pagare per traghettare la sanità del Lazio fuori dal tunnel decennale del commissariamento. Il piano di rientro, dice Zingaretti, ha funzionato: “Dai 669 milioni di euro di disavanzo del 2013 si è arrivati ai 45,6 milioni del 2017, pari allo 0,4 per cento del fondo sanitario regionale”. Eppure basta mettere piede in uno dei tanti ospedali della Capitale per rendersi conto dell’effetto prodotto dalla scure dei tagli sui livelli assistenziali (guarda il video).
Navigando sul sito della Regione Lazio il numero dei pazienti ammassati nei pronto soccorso è in continuo aggiornamento. “Solo a Roma, negli ultimi giorni, abbiamo superato le mille persone, di cui circa la metà in attesa di destinazione”, ci spiega Stefano Barone, segretario provinciale del Nursind. La maglia nera se l’aggiudica il San Camillo dove, in media, quasi sette pazienti su dieci sono in attesa di una collocazione. E può anche capitare che le 48 ore fissate dalle linee guida regionali non siano sufficienti per conquistare un posto letto. Il caso più eclatante, due giorni fa, si è verificato sempre nello stesso nosocomio, dove un’anziana ha aspettato addirittura nove giorni su una barella. E se non c’è turnover, ad un certo punto, accade che persino le lettighe in dotazione ai pronto soccorso inizino a scarseggiare.
E allora che si fa? Si trattengono quelle delle ambulanze. Gli addetti ai lavori lo chiamano “blocco delle barelle” e parlano di “una vera propria emergenza”. Come ci racconta Alessandro Saulini, sempre del Nursind, “le ambulanze del 118 rimangono bloccate per ore in attesa della restituzione della barella che, nel frattempo, viene trasformata in un posto letto ospedaliero”. Avete capito bene. Le lettighe dei soccorritori vengono letteralmente sequestrate e restituite solo quando si liberano posti nei reparti. Questo, denuncia Saulini, “crea dei ritardi nell’invio delle ambulanze e sui tempi di intervento”. In effetti, nei viali del Policlinico Umberto I la fila dei mezzi di soccorso in sosta è lunga.
“Siamo bloccati per l’ennesima volta - si sfoga un operatore del 118 - in attesa che tolgano il paziente dalla nostra lettiga e ce la restituiscano, sennò non possiamo ripartire”. Ma quanto c’è da aspettare? “Dipende”, risponde di getto il nostro interlocutore, “in alcuni casi anche dodici ore: non possiamo andare avanti così”. Anche perché lavorare in queste condizioni è sempre più rischioso. “Veniamo aggrediti verbalmente e fisicamente tutti i giorni, le persone - prosegue il soccorritore - sono esasperate dai ritardi”. Ci sono poi altri rischi, tanto per chi opera a bordo delle ambulanze, quanto per chi lavora nei pronto soccorso. “Se la risposta non è pronta - aggiunge Saulini - per gli operatori aumentano i rischi medico legali e lo stress”.
È anche per questo che, annuncia Barone, “siamo arrivati a chiedere l’intervento del Prefetto: questa è una situazione indecorosa, non certo degna di una sanità regionale”. Ad “inchiodare Zingaretti alle sue responsabilità” ci sono anche i consiglieri di Fratelli d’Italia alla Pisana, Fabrizio Ghera, Chiara Colosimo e Giancarlo Righini. La “prova” è un dossier ministeriale che si basa sui dati del numero verde “1500”, attivato ad ottobre scorso dal ministro della Salute, Giulia Grillo, proprio per segnalare le inefficienze.
Il report è inevitabilmente finito al centro del consiglio regionale straordinario sulla sanità di ieri. “La Regione Lazio - denunciano Ghera, Colosimo e Righini - è ai primi posti nazionali per lamentele su qualità e quantità dei servizi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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