Chi ha ucciso Desirée Mariottini, oltre ad essere una "belva", è uno spacciatore pericoloso che potrebbe commettere altri reati simili e poi scappare via. Perché solo questo possono farse persone del genere. E questo hannogià fatto. Stando alle testimonianze di chi era presente nel palazzo occupato di via dei Lucani a Roma, quartiere San Lorenzo, dove è morta la 16enne di Cisterna di Latina, spuntano dettagli choc. E secondo il gip del tribunale di Roma, Maria Paola Tomaselli, i tre africani sono stati ammanettati perché "possono reiterare" così come "possono fuggire dal territorio nazionale" perché non hanno un lavoro stabile e neanche famiglia.
Il gip, poi, aggiunge che i tre criminali "sono dediti all'attività di commercio illecito di sostanze stupefacenti". Stando alle valutazioni del magistrato, quindi, "hanno dimostrato una elevatissima pericolosità, non avendo avuto alcuna remora a porre in essere condotte estremamente lesive in danno di una minorenne, giungendo al sacrificio del bene primario della vita".
Il giudice non ha dubbi sulle tre "belve" e li descrive con tre aggettivi che poco lasciano all'immaginazione: "la pervicacia, la crudeltà e la disinvoltura" con le quali si sono mossi sulla scena del crimine. Per questo motivo i tre immigrati devono rimanere in carcere e tra i documenti a sostegno della misura cautelare ci sono soprattutto i verbali delle deposizioni dei tossicodipendenti che frequentavano gli indagati. Persone che - in quanto loro clienti - conoscevano bene i tre africani.
Le testimonianze choc
Il primo dei testimoni che ha fatto riferimento al pericolo di fuga - come scrive La Verità - è il senegalese che si è presentato in commissariato spontaneamente e ha trasformato quello che sembrava il caso di una vagabonda morta di overdose nel fascicolo su Desirée. Il testimone ha 19 anni, risiede in provincia di Benevento ed era entrato nel rudere della droga per tentare di recuperare il portafogli che gli avevano rubato poco prima. Un amico gli aveva indicato quello stabile diroccato come il posto in cui avrebbe (forse) potuto recuperare almeno i documenti.
Ma una volta entrato nello stabile abbandonato, il 19enne ha sentito una ragazza urlare: "Voi l'avete uccisa, l'avete violentata". Ha visto entrare e uscire dalla stanza in cui è morta Desirée almeno otto persone (tra africani, arabi e ragazze italiane). Poco dopo - nello stesso verbale - ha specificato di aver visto alcuni di loro allontanarsi: "Uno portava una borsa in spalla, l'altro aveva con sé una valigia. Usciti da lì non li ho più visti".
Dopo aver drogato, stuprato e lasciato morire Desirée, infatti, i tre "vermi" sono scappati. Se la sono data a gambe levate. Una delle tossicodipendenti, frequentatrice assidua della catapecchia, nella sua testimonianza oltre a sottolineare la pericolosità degli spacciatori ("Conosco tre cittadini africani, sono personaggi cattivi e molto pericolosi, poiché il loro stato di tossicodipendenza può influire sull'atteggiamento che hanno sulle altre persone che incontrano e con cui si relazionano"), ha dichiarato anche di aver saputo che Yusif, "la notte stessa del decesso di Desirée si era recato alla stazione Termini, dove aveva preso il primo treno per Napoli".
Questa testimonianza risulta attendibile perché Yousif Salia aveva vissuto a Napoli tra i richiedenti asilo. Poi - scaduto il permesso umanitario - si era trasferito a Roma ed era diventato uno dei tanti invisibili che vivevano nel tugurio di via dei Lucani. Per questo la fuga "facile" lì.
Ma non solo.
Uno dei ragazzi stranieri dello stesso giro che frequentava Desirée ha confessato di aver detto più volte all'adolescente di Cisterna di Latina "di non andare mai da sola in quel posto, perché era chiaramente pericoloso. C'erano tanti neri".E proprio fra queste persone poco raccomandabili Desirée è morta.
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