Siamo in zona rossa. I negozi sono chiusi e lungo le strade di Roma le auto scorrono senza ostacoli. La gente in giro è poca e qualcuno inizia a sentirsi prigioniero di una situazione che ormai sembra non lasciare scampo. È il caso di Luigi. Per lui le mura domestiche rimarranno un carcere anche quando si allenteranno le misure anti contagio. È seduto davanti alla scrivania, nel soggiorno del suo appartamento in affitto, nel quartiere romano di Monteverde. Accanto alla poltrona ci sono le stampelle. Le sue gambe sono sempre più pesanti. La sclerosi multipla l’ha sorpreso nel 2004, quando aveva 41 anni. Oggi che ne ha 58, affrontare tre piani di scale per andare a prendere una boccata d’aria è diventato quasi impossibile.
Nel palazzo dove abita non c’è l’ascensore, e quelle rampe rappresentano una barriera insuperabile. "Come si vive là fuori? Ormai non me lo ricordo nemmeno più, riesco a malapena a raggiungere il terrazzo per prendere un po’ di sole", ci confessa. Luigi vive con la madre Pierina, 81 anni, invalida al 70 per cento e affetta da sclerodermia sistemica. Da nove anni si sono messi in lista per avere un alloggio popolare, ma davanti a loro ci sono centinaia di persone.
Così, pensano a una soluzione alternativa. La sorella di Pierina, assegnataria di una casa popolare al Laurentino 38, quartiere alla periferia sud di Roma, è stata trasferita in una Rsa. L’appartamento è al primo piano con l’ascensore. Per Luigi sarebbe un nuovo inizio. L’operazione è anche del tutto legale. Basta presentare una richiesta di ampliamento del nucleo familiare all’Ater. "In attesa della risposta, abbiamo iniziato a portare lì le nostre cose", racconta Luigi. "Per trasferirci aspettavamo solo l’ok dal Comune", precisa.
I tempi della burocrazia sono lunghi, e nel frattempo Luigi e sua madre sono costretti a fare i conti con una brutta sorpresa. "Eravamo andati a casa della zia per avvantaggiarci con il trasloco, ma quando ho fatto il gesto di infilare la chiave nella toppa – ricorda l’uomo – mi sono accorto che la serratura non c’era più". La casa è occupata. Non è un fatto insolito in questo quadrante della città, dove circa il 30 per cento degli immobili viene sistematicamente forzato. Luigi chiama subito la polizia locale. È convinto che il problema si risolverà nel giro di poco.
Quando intervengono i caschi bianchi, però, le sue certezze vanno in pezzi. "Ci hanno detto che non potevano fare nulla, perché gli occupanti si erano autodenunciati, io – continua Luigi – sono rimasto allibito. Mi è crollato il mondo addosso". A nulla sono valse le proteste di mamma e figlio. Dopo ore di discussioni, i due sono costretti ad andarsene. "Ci siamo sentiti umiliati e abbandonati, invece di schierarsi dalla nostra parte, lo Stato ci ha lasciati in mezzo a una strada", denuncia Luigi.
Anche sua madre ha gli occhi lucidi: "I più furbi, i più forti, vincono sempre. È stata una delusione grandissima, ho sempre avuto fiducia nelle istituzioni ma adesso l’ho persa". Decidiamo di fare da intermediari per convincere gli occupanti a lasciare la casa alla sorella della legittima assegnataria. Prendiamo l’auto e guidiamo fino al Laurentino 38. Tra i caseggiati popolari regna un silenzio spettrale, rotto soltanto dalle voci di qualche ragazzino sceso a giocare nel parco. La nostra destinazione è un palazzone di cemento armato di quattordici piani. Ci fermiamo al primo e bussiamo.
Ci apre un ragazzo in tuta che avrà sì e no una trentina d’anni, dietro di lui si intravede una ragazza incinta. "Abbiamo occupato tre settimane fa – ci dice – tra poco mi nasce mio figlio e non so dove metterlo". Sembra non importargli nulla del fatto che Luigi e sua madre siano affetti da gravi patologie, e che per loro abitare in quell’appartamento significherebbe poter avere finalmente una vita normale: "Lui un tetto ce l’ha, io no, se non mi danno una casa io non esco, mi devono ammazzare per tirarmi fuori di qui".
Gli ricordiamo che questo alloggio non è suo, e che la legittima assegnataria è un’anziana. Lì dentro ha lasciato i ricordi di una vita. Neppure questo lo smuove: "Ognuno ha i suoi problemi, deve venire l’esercito per mandarci via". Insomma, l'impressione è che per Pierina e Luigi, che nel frattempo hanno scritto anche al presidente della Repubblica, non sarà facile far valere i propri diritti.
"Se non c’è una presenza forte del Comune di Roma e della polizia locale, le case vengono occupate. Fatti come quelli accaduti a Luigi e sua madre qui sono all’ordine del giorno", dice allargando le braccia Yuri Trombetti, responsabile Casa del Pd. Questo perché, a Roma, città dove in lizza per un alloggio ci sono 15mila persone, vengono assegnate non più di 150 case l’anno.
"Le istituzioni si devono
muovere, devono dare dei segnali, investendo sull’edilizia popolare e sgomberando chi ha sottratto la casa ai legittimi assegnatari, non si può – conclude Trombetti – continuare a lasciare sole persone come Luigi e sua madre".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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